
Sono anni che provo a ripetere alla mamme di non pubblicare post con le foto e i video dei loro bambini: quando saranno grandi, potranno rinfacciare loro di averlo fatto senza il loro consenso. Il Web non dimentica nulla! Il problema maggiore, però, è che così facendo, inconsapevolmente si alimenta uno dei mercati più proficui e redditizi sviluppato in rete: quello della pedopornografia.
É fin troppo facile gridare frasi ingiuriose e giustizialiste contro gli stupratori di turno. Non tutti conoscono come funziona il sistema della Giustizia, ma tanti ne parlano e scrivono, comunque. É un problema di educazione. I bambini, specialmente quelli iniziati troppo presto all’uso della tecnologia, hanno bisogno di attenzione e di esempi validi, onesti e credibili. Rispondere “Sì” ad ogni capriccio, non dare la giusta valenza ai ruoli educativi e istituzionali, porta inevitabilmente alla proliferazione di una generazione che crede di sapere e poter fare tutto, ma che poi al momento opportuno, o di necessità, si perde in un bicchiere d’acqua perché non sa da dove iniziare.
I dati diffusi in questi giorni dalla polizia postale fotografano il Web come un ambiente in cui c’è un crescente rischio per i minorenni. L’adescamento online e la distribuzione di materiale pedopornografico, vanno di pari passo. Attraverso l’analisi di quei siti che distribuiscono foto e video di minorenni, in alcuni casi sottoposti ad abusi e violenze, ma anche tramite segnalazioni, nello scorso anno 1.466 individui sono stati denunciati per aver scaricato, condiviso e scambiato foto e video di abusi sessuali su minori, mentre 299 sono le persone denunciate già dopo i primi tre mesi del 2023.
Uno degli ultimi arresti, avvenuto a Milano, ha una storia alle spalle quasi raccapricciante. Un cinquantenne, cercava famiglie in difficoltà economica, spesso ragazze madri, e offriva denaro in cambio di incontri sessuali con le figlie minorenni. E, come se questo orrore non bastasse, ai suoi annunci online rispondevano genitori pronti a vendere ragazzine, quasi bambine, in cambio di soldi. Stando agli atti, era riuscito a condividere, tra il 2019 e il 2020, circa 400 file, tra foto e video, con immagini di minori di 16 anni. Non solo: pubblicava pure su canali online annunci alla ricerca di genitori disposti a vendere i propri figli. Trovandoli.
“Noi abbiamo bisogno, la figlia che età dovrebbe avere più o meno per piacerti?”, ha scritto un genitore in una conversazione dopo aver risposto a un annuncio online pubblicato dall’arrestato. “Ok, ho intuito che avete bisogno … a me piacciono dai 14 ai 17… ma anche di 12, se hai un rapporto complice”, è stata la risposta dell’uomo.
Forse un caso limite, ma per niente raro. Molti minorenni vengono adescati ogni giorno, sia sui social network che sui giochi online che permettono la comunicazione tra utenti. Chi li controlla?
Il “Branco” è diventato un soggetto “social”, prima di essere un pericolo per la collettività in strada. Se un padre e una madre rispettano i figli senza sbandierarli in pubblico come “oggetti da mostrare” (o anche peggio…), è più difficile che questi ultimi, appena possono, gli si rivoltino contro e cerchino aggregazioni (social e non) non meritevoli di plauso. Prima di parlare, scrivere, pubblicare… forse è il caso di riflettere!
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