
Pare che Enrico De Pedis, storico boss della banda della Magliana, a un certo punto abbia cominciato a non dividere più i proventi delle attività illecite con i suoi ex complici detenuti ed i loro familiari. Non si sentiva più in dovere di farlo poiché i suoi introiti ormai provenivano in buona parte da attività esclusivamente sue.
Gli altri lo interpretarono come uno sgarro in piena regola e nel 1989 Edoardo Toscano, appartenente alla fazione dei Maglianesi opposta a quella dei Testaccini di cui De Pedis era il capo indiscusso, appena uscito dal carcere decise di eliminarlo. Renatino però fu più rapido: con un pretesto lo attirò in un’imboscata e lo fece uccidere dai suoi guardaspalle Angelo Cassani detto Ciletto e Libero Angelico, noto negli ambienti malavitosi col soprannome di Rufetto.
Quando Marcello Colafigli evase dal carcere, la fazione dei Maglianesi cominciò a riorganizzarsi per ammazzare Renatino. L’occasione si presentò, quando riuscirono a convincere Angelo Angelotti, vecchia conoscenza della banda della Magliana, a fissare un appuntamento con Renatino, il 2 Febbraio 1990, in via del Pellegrino, nei pressi di Campo dei Fiori a Roma.
Dopo aver parlato con Angelotti, Enrico De Pedis salì sul suo motorino Honda Vision per andare via. Al Civico 65 di via del Pellegrino, venne affiancato da una motocicletta con a bordo due killer provenienti dalla Toscana: Dante Del Santo detto “il cinghiale” e Alessio Gozzani, assoldati per l’occasione. I due gli spararono un solo colpo alle spalle, uccidendolo all’istante, davanti ad alcuni passanti. Nei pressi del luogo dell’agguato erano appostati, su almeno due autovetture, diversi membri della banda con funzione di copertura e supporto. In seguito, Alessio Gozzani venne scagionato dall’accusa di essere stato alla guida della moto, condotta forse da Antonio D’Inzillo, deceduto latitante in Sud Africa nel 2008.
In un rapporto dell’Alto Commissariato per il coordinamento alla lotta contro la delinquenza mafiosa venne ricostruito l’intero delitto, dalla preparazione dello stesso fino alla cattura all’estero dei due killer, tanto è vero che, proprio sula base di quel documento, venne istruito il processo agli assassini dell’Ultimo Re di Roma.
Si è sempre parlato dell’omicidio come di un regolamento di conti all’interno della malavita romana, ma resta il sospetto che i Servizi segreti possano aver avuto un ruolo determinante nell’eliminare Renatino, divenuto troppo potente e troppo informato.
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