Di Vanda Pennini
Viviamo in un ambiente in cui la lingua è l’approccio primario di ogni nostra esperienza. Durante lo studio o il gioco, quando ci relazioniamo con gli altri o canticchiamo una canzone in solitudine, quando pensiamo o addirittura quando sogniamo, la lingua è necessariamente presente.
Nel parlare di lingua vengono subito alla mente le grammatiche scolastiche o l’utilizzo dei vocaboli, in realtà questi sono solo “ragionamenti sulla lingua e sulla sua composizione”, al di là dei quali il concetto in sé di lingua prevede orizzonti ben più ampi. Essa, infatti, corrisponde ad ogni manifestazione comunicativa di ciascun essere umano in qualunque momento della vita e del contesto sociale.
In sé, la lingua è un mezzo di comunicazione complesso per mezzo del quale gli individui danno vita ad un sistema di comunicazione, sia esso il linguaggio verbale, del corpo, animale, dei computer o altro ancora. Nello specifico,il linguaggio verbale con la sua complessità e la sua articolazione è una prerogativa dell’uomo, riconosciuto come lo strumento più raffinato e potente di rappresentazione simbolica che è alla base di tutte le funzioni concettuali.
Tecnicamente, le lingue umane corrispondono a complessi sistemi di “segni”, cioè elementi dotati di significato (ciò di cui si parla) e significante (la forma – suono o simbolo – che assumono in una lingua piuttosto che in un’altra). Il rapporto tra significante e significato è in genere arbitrario, stabilito per convenzione dalla lingua stessa. Ad esempio, al significato del termine italiano “casa” corrisponde al significante “maison” nella lingua francese.
Ciò che rende unica la lingua umana, rispetto ad ogni altra forma di linguaggio, è la sua doppia articolazione. Prendiamo ancora come esempio il significante “casa”, essa è composta da unità più piccole (le singole lettere scritte o foni in caso di palato) che, se prese singolarmente non hanno alcun significato. Di qui si articola il duplice livello della lingua umana: un livello definito “inferiore”, le cui unità non hanno significato ed un livello “superiore” dove le unità del livello inferiore si combinano in unità dotate di significato.
In partenza, una lingua nasce in forma prettamente orale da cui, solo se e quando si raggiunge un livello culturale che lo rende necessario, si sviluppa anche la rispettiva forma scritta. Alcune lingue, nel momento in cui vengono scritte per la prima volta, danno vita ad un proprio alfabeto, altre hanno semplicemente adottato un alfabeto già esistente, come nel caso di quasi tutte le lingue europee, compresa quella italiana, che hanno adottato l’alfabeto latino. Nel dar vita alla forma scritta, oltre all’acquisizione di un alfabeto, si fissano gradualmente delle convenzioni ortografiche, cioè delle regole per trasporre i suoni del parlato in sequenze di lettere.
Contrariamente a quanto sembra, la lingua umana non è un sistema rigido, piuttosto esistono tanti modi di usare una stessa lingua. La variazione nell’uso della lingua dipende da diversi fattori inevitabilmente concatenati quali:
- contesto: situazione, relazioni, interlocutore, ecc.;
- spazio: area geografica di provenienza di chi parla;
- tempo: età di chi parla;
- ruolo sociale: professione, istruzione, reddito;
- mezzo: conversazione face to face, telefono, email, lettera, chat, ecc.;
- argomento: formale, informale, professionale, tecnico, scientifico).
In un contesto sociale, quasi sempre coesistono più lingue che svolgono un diverso ruolo nella comunicazione e che spesso vengono valutate in modo socialmente diverso. Alla lingua ufficiale di una nazione, utilizzata per le funzioni letterarie, amministrative e giuridiche in una determinata società, si affiancano i diversi dialetti, i quali presentano uguale complessità ma che, per ragioni storiche, politiche e culturali, restano ancorate ad un determinato contesto locale.
Se dal punto di vista scientifico, dialetti e lingue sono strumenti comunicativi di uguale complessità e dignità; dal punto di vista sociale, invece, essi svolgono ruoli diversi e ricevono diversa valutazione. La distinzione tra una lingua e i dialetti è basata su elementi sociali, istituzionali e storici, non su elementi linguistici.
In particolare, diversamente dai dialetti, una lingua è un sistema che viene usato in un territorio più vasto di quello in cui è nato; usato per le funzioni pubbliche e private, sia in forma scritta che orale; è riconosciuto come ufficiale da uno Stato o da una regione.
È fondamentale ricordare che ogni lingua proviene da una forma dialettale, pertanto non ha sempre posseduto tali caratteristiche, ma le ha acquisite nel corso della sua evoluzione. In Italia, ad esempio, a partire dal XIV secolo, grazie al prestigio degli scrittori fiorentini e all’importanza economica e commerciale della Toscana, il dialetto di Firenze ha cominciato a diffondersi per usi scritti letterari, varcando i confini della città. Così, gradualmente è stato adottato come lingua scritta e letteraria anche da chi, per motivi di appartenenza locale, utilizzava dialetti diversi. Differentemente dal caso italiano, in altre realtà come Francia o Inghilterra, il dialetto delle capitali si è imposto sugli altri dialetti per ragioni prettamente politiche.
Mentre il francese e l’inglese si sono diffusi in modo così capillare da eclissare del tutto i dialetti delle altre città, in Italia sebbene il fiorentino sia diventato la lingua ufficiale, da sempre è affiancato da numerosi dialetti locali che resistono nel tempo. La solida sopravvivenza dei dialetti in Italia si spiega con la diffusione della lingua fiorentina squisitamente come lingua scritta e non altrettanto parlata fino al XIX secolo. Precedentemente, infatti, la comunicazione orale di qualunque fascia d’età e di classe sociale avveniva tramite i dialetti locali, sostituiti in parte dall’italiano solo a partire dal 1860. Quello dell’italianizzazione resta, così, un processo mai completato che concede ai cittadini di distinguere simpaticamente le proprie origini da accenti e onomatopee.
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