Di Cristina Casella
Non è raro che a seguito di un omicidio l’offender manipoli la scena simulando un furto. L’obiettivo, ovviamente, è quello di allontanare i sospetti da sé. È bene, dunque, che ogni circostanza venga esplorata a fondo: ad esempio, perché inscenare un tentativo di rapina finito male senza portar via dal luogo del delitto alcun oggetto di valore?
Questo scenario è molto ricorrente negli omicidi intrafamilari. In tale contesto, generalmente, l’assassino è il partner. Allestire una rapina con esito fatale all’interno di un’abitazione è il tipo di soluzione che l’offender sembra prediligere per confondere gli investigatori. In caso di furto simulato, però, è opportuno vagliare con cura altri elementi:
- Assenza di segni di effrazione
- Evidenti forzature poste in corrispondenza dell’ingresso principale
- Cassetti rimossi e gettati in maniera confusa al fine di inscenare un rovistamento
- Cassetti rimossi e adagiati con cura per preservarne il contenuto
- Nessuna evidente ricerca di oggetti di valore
- Nessun prelevamento di oggetti
- Presenza di un’assicurazione sulla vita stipulata precedentemente dalla vittima
- Deleghe e/o benefici concessi ad un membro della famiglia in caso di morte della vittima (es. libero accesso ad un conto bancario di consistenti dimensioni)
Ciascuna delle sopracitate condizioni è in grado di allarmare l’investigatore, enfatizzandone i dubbi. E non c’è nulla di errato nel nutrire perplessità. Tuttavia, tali condizioni possono verificarsi anche in assenza di staging, dunque non rappresenterebbero delle utili “red flags”. Ad ogni modo, il dubbio giustifica ulteriori indagini, motivandone i successivi accertamenti.
Le circostanze sospette, però, non costituiscono alcuna prova, né tanto meno segnano la fine di un’inchiesta. Si tratta semplicemente di ipotesi che, qualora confutate, spingono chi investiga a ricercare altrove la chiave di lettura della messa in scena. Consideriamo, ad esempio, la questione “oggetti di valore”. Stabilire se sia stato portato via qualcosa dalla scena del crimine è molto importante, in quanto può aiutare a definire il movente del delitto. Molti investigatori partono dal presupposto che, quando si inscena un furto, venga sempre sottratto qualcosa, pur non avendo alcuna prova della reale presenza di un determinato oggetto sulla scena al momento dei fatti. Questo avviene perché ci si “innamora” delle proprie tesi, mentre sarebbe più opportuno analizzare con scrupolo ogni circostanza fattuale:
- Qual è l’oggetto sottratto?
- A quanto ammonta il suo valore?
- Dov’era situato?
- Chi sapeva della sua esistenza?
- Chi sapeva dove trovarlo?
- Quali ostacoli ha dovuto superare il reo per individuare e rimuovere l’oggetto dalla scena? (es. era nascosto in una cassetta di sicurezza? Era in bella vista?)
- Quali prove dimostrano che sia stato effettivamente rimosso dalla scena?
- Quali prove dimostrano che sia stato il reo a rimuoverlo dalla scena?
- L’oggetto è stato localizzato? Se sì, dove?
Chi allestisce un tentativo di rapina finito male dimentica – a volte – di rimuovere alcune cose, oppure sottrae dalla scena quanto basta per creare l’illusione superficiale di un furto.
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