
Oggigiorno sono tantissime le persone che nella propria vita sentono la mancanza di emozioni come la felicità, la tranquillità e l’entusiasmo, ma al tempo stesso hanno il terrore di essere felici, temono le emozioni piacevoli e, in modo più o meno consapevole, mettono in atto comportamenti di auto-sabotaggio per proteggersi. La paura della felicità è chiamata Cherofobia e potrebbe essere assimilata ad un meccanismo di difesa dalle emozioni comunemente considerate positive, ma vissute dal cherofobico come momento di estrema vulnerabilità.
Sebbene non sia inserita nel DSM-5, il manuale diagnostico dei disturbi mentali, in psicologia la Cherofobia è definita come una forma di ansia anticipatoria. Per questo motivo, essa rappresenta la conseguenza di vivere la felicità come una minaccia da cui difendersi. Chi è affetto da tale fobia è convento che:
Se vivi una grande felicità, ti aspetta dietro l’angolo una tragedia.
La cherofobia potrebbe essere confusa con la depressione, ma in realtà il cherofobico ha paura di essere infelice e quindi evita, preventivamente, tutto ciò che potrebbe renderlo gioioso, temendo che il meccanismo che porta felicità gli si possa ritorcere contro. La paura di essere felici in amore può portare a non investire nelle proprie relazioni, mettendo in atto dinamiche di controdipendenza affettiva e creando solo legami superficiali per la paura di star bene.
A volte le persone cherofobiche possono anche sentirsi in colpa di essere felici, sperimentando un’emozione secondaria negativa che va a demolire qualsiasi emozione piacevole. La paura di essere felici, come una fobia, porta ad evitare ad ogni costo lo stimolo temuto, che in questo caso non è qualcosa di esterno, ma uno stato emotivo interno.
Ad oggi sono stati individuati sintomi specifici della Cherofobia:
- evitare opportunità che potrebbero condurre a cambiamenti positivi nella vita;
- rifiutare di partecipare ad attività divertenti;
- sentirsi in colpa per essere felici;
- provare ansia, nel caso in cui si ricevano inviti ad eventi sociali;
- avere l’idea che essere felici possa poi significare che accadrà qualcosa di negativo;
- pensare che provare felicità possa renderci persone peggiori;
- avere la convinzione che mostrare felicità sia negativo di fronte agli amici e alla propria famiglia;
- pensare che perseguire la felicità sia una perdita di tempo, uno sforzo inutile.
Le cause di questo disagio psicologico tendenzialmente vanno ricercate nelle esperienze vissute durante l’infanzia, nelle quali un momento di felicità potrebbe essere stato seguito da un evento traumatico, fisico o emotivo, come una punizione, una delusione o anche una perdita importante. A partire da queste esperienze traumatiche, nelle quali emozioni come la rabbia, l’umiliazione e il dolore hanno distrutto la gioia, si instaura automaticamente un’associazione distorta della relazione causale tra felicità e dolore, che torna attuale nel presente. Il cherofobico fugge dalle emozioni positive, poiché le vive come momento di estrema vulnerabilità.
Grazie alla psicoterapia chi è affetto da tale fobia può sviluppare una maggiore consapevolezza di sé, comprendendo le ragioni che portano ad evitare le emozioni piacevoli. Così facendo, la felicità diviene un modo di pensare e di agire basato su nuovi significati e nuove interpretazioni delle esperienze, che saranno vissute e sperimentate in prima persona e accompagnate non solo dal coraggio ma in primis dal desiderio di essere felice.
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