Di Cristina Casella
Quando si parla di persone scomparse, spesso, si ripercorre un mondo fatto di ricordi, discrepanze e verità nascoste. Non siamo estranei a narrazioni di questo tipo, poiché la raffigurazione delle storie e dei soggetti che le animano sembrano replicare copioni già noti. Il lato amaro della cronaca – dunque – si impone come ospite abituale della quotidianità, popolando le nostre coscienze e alimentando un forte senso di vicinanza emotiva. Esistono vicende capaci di catalizzare l’attenzione, forse in relazione alla sequenzialità degli eventi, forse a causa di un finale inaspettato quanto insoluto. È questo il caso di Silvana Pica, una donna di 57 anni scomparsa misteriosamente dalla città di Pescara nel gennaio 2012. Un arco temporale particolarmente maledetto, a pochi giorni dall’incidente della Costa Concordia e dalla sparizione di Roberta Ragusa.
Silvana Pica è bella, colta, di estrema classe ed eleganza. Laureata in lingue svolge l’attività di traduttrice presso il dipartimento della Provincia di Pescara. La sua preparazione, accompagnata da serietà e forte senso del dovere, le ha consentito – nel corso degli anni – di ricoprire incarichi prestigiosi, come quello alle dipendenze della Twentieth Century Fox. Un lavoro intenso il suo, prestato all’interno di un mondo che le apparteneva.
Nella vita di questa donna, però, non sono mancati momenti di particolare fragilità. Alle spalle un matrimonio finito ed una grave forma di schizofrenia dissociativa. Tale patologia iniziò a manifestarsi in seguito alla nascita del suo unico figlio. Ed è proprio questo male indomabile, acutizzato da una depressione post partum, che costrinse l’allora giovane madre a separarsi da quel bambino mai dimenticato. Lo stesso spettro ombroso che le portò via l’uomo sposato qualche anno prima. La vita di Silvana, così, divenne improvvisamente durissima, catapultandola in una profonda solitudine. Senza un lavoro, senza un marito e senza un figlio.
Negli ultimi anni lo stato della malattia era nettamente migliorato, anche grazie all’ausilio di precedenti approcci terapeutici. L’inseparabile trolley che Silvana aveva sempre con sé, particolare – questo – che la faceva apparire eccentrica agli occhi della gente, non era un segno di follia, ma un’esigenza dettata dalla sua impossibilità nel sollevare pesi. La donna svolgeva una vita regolare e riservata, dividendo l’appartamento con due coinquiline di nazionalità rumena. La convivenza, si sa, è tutt’altro che facile. Di eventuali dissidi, in quella casa al 270 di Viale Marconi, sappiamo poco. Silvana non nutriva particolare fiducia nei confronti delle due inquiline, tanto che – ad ogni uscita – preferiva portarsi dietro il computer portatile, chiudendo la sua camera sempre a chiave. Qui, addirittura, era riuscita a creare un nascondiglio nel cassone sopra la finestra: era questo il luogo ove custodiva i suoi soldi. Nulla, però, verrà mai ritrovato all’interno. All’appello mancherebbero un orologio Cartier, un bracciale Swarovski ed una busta contenente 35.000 euro.
La sera della sua scomparsa, il 17 gennaio 2012, Silvana compie un gesto del tutto insolito. Preda, forse, di uno stato di agitazione – aggravato dalla presenza di segni di tumefazione in prossimità delle labbra – la donna decide di recarsi a casa della ex suocera al fine di chiederle ospitalità per una notte. Una circostanza strana, soprattutto se agita da una persona che fino ad allora non aveva mai dormito fuori casa. C’era qualcosa o qualcuno che la spaventava? Da chi stava scappando? L’anziana suocera, intimorita dal contesto e dalle condizioni fisiche in cui riversa la nuora, non acconsente alla sua richiesta. A seguito del rifiuto, Silvana si incammina verso il suo appartamento. È l’ultima volta in cui viene vista prima di essere inghiottita nelle fauci della città.
Il disordine in cui ha lasciato la sua stanza, inusuale per una donna precisa e metodica come lei, è stato scandagliato approfonditamente senza che sia emerso alcun indizio utile alle indagini. Il telefonino poggiato sul letto, così come la presenza delle sigarette e dei farmaci indispensabili per la terapia, hanno fatto presupporre da subito un breve allontanamento. Silvana, con molta probabilità, era uscita con la chiara intenzione di rientrare il prima possibile. Aveva portato con sé soltanto la borsa, unico elemento che – qualche mese più tardi – riuscirà a raccontare qualcosa. Verso la metà di marzo, infatti, l’oggetto verrà ritrovato a circa sette miglia di distanza dalla costa di Termoli, per pura casualità. Era rimasto impigliato tra le reti di un peschereccio. All’interno della borsa vengono rinvenuti gli effetti personali della donna: il portafogli, una trousse, i documenti, uno dei due cellulari ed un orologio fermo alle 5:45 di un giorno difficilmente ipotizzabile. Le chiavi di casa sono assenti, poiché rimaste inserite nella toppa interna della camera di Silvana. Che senso ha uscire dal proprio appartamento senza portare con sé le chiavi? Una dimenticanza? Nulla di tutto questo, purtroppo, è risultato utile ai fini investigativi. Di certo la borsa non era arrivata lì da sola, senza considerare che – il punto in cui è stata ripescata – ha fatto sorgere numerosi interrogativi. Possono, le correnti marine, aver trasportato circa 30 km più a Sud una borsa semi-aperta, preservandone il contenuto? O è stato qualcuno a gettarla in quelle acque? Perché? E con quale scopo? Silvana non si avvicinava da anni al mare, la sola vista di un orizzonte le provocava ansia ed angoscia.
A riaccendere i fari sulla vicenda, nel mese di giugno, è un plico anonimo giunto all’investigatore privato Ezio Denti, precedentemente incaricato dalla famiglia della Pica. All’interno un messaggio intimidatorio dall’italiano sgrammaticato: “Hai rotto, sei morto, tu e tua famiglia. Cerca la morta nel fiume a Chieti. Non credi tieni suoi capelli e medicina”. A queste parole vengono accompagnati un bossolo calibro 38, due blister vuoti di medicinali – gli stessi usati da Silvana – e un ciuffo di capelli biondi, probabilmente recuperati da una spazzola o da un fermaglio. Le analisi del DNA confermeranno che si tratta proprio dei capelli della donna. Non il gesto di un mitomane, quindi, ma opera di chi aveva accesso all’appartamento di Viale Marconi e alle sue stanze. Le ricerche del corpo effettuate nel fiume segnalato, invece, daranno esito negativo.
Che fine ha fatto, dunque, Silvana Pica?
Nel novembre del 2012 (stesso anno della scomparsa) viene ritrovata una gamba saponificata sul litorale di Vieste, non lontano dal luogo ove era stata rinvenuta la borsa della donna. I successivi approfondimenti dei RIS accerteranno che non si tratta dell’arto della Pica.
Il 21 ottobre 2013 si arriva ad archiviare il caso con l’ipotesi di suicidio. Nella richiesta di archiviazione il Gip di Pescara spiega che “le indagini svolte non hanno evidenziato elementi concreti che possano far ipotizzare la sussistenza di condotte delittuose ai danni di Pica Silvana”. Il Pm Valentina D’Agostino, inoltre, sottolinea che “con particolare riferimento alla patologia psichiatrica di cui la stessa soffriva da anni, sommata alla mancanza di punti di riferimento affettivi, non si esclude che, in un momento di sconforto acuito dalla mancata assunzione di farmaci, la donna possa essersi allontanata dalla sua abitazione, decidendo di togliersi la vita”.
Nel periodo antecedente la scomparsa Silvana stava vivendo un momento sereno. Faceva un lavoro che amava, aveva riallacciato i rapporti con l’adorato figlio, tanto che – qualche giorno più tardi – avrebbe presenziato a un suo esame universitario.
Perché superare gli anni più cupi e decidere di suicidarsi ad un passo dalla felicità?
Perché non si è indagato a fondo su quell’appartamento e sulle due coinquiline della donna?
Infine, la strana coincidenza con la scomparsa di Roberto Straccia avvenuta nel dicembre 2011, sempre a Pescara. La casa di Silvana, per qualche mese, è stata frequentata anche da un uomo, un certo Tony. Questo personaggio si era accreditato come super testimone in merito al caso Straccia, affermando di averlo visto parlare con qualcuno poco prima della sparizione…
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