
Di Simone Cavagnoli
Christopher J. Scarver nasce il 6 luglio 1969 a Milwaukee, secondogenito di 5 figli. A 17 anni abbandona la James Madison High School a causa del suo scarso rendimento scolastico e dell’uso di alcolici e stupefacenti iniziato già dal primo anno di scuola superiore, oltre che per la sua mancanza di disciplina. In seguito viene assunto come falegname tirocinante per il programma di occupazione del Dipartimento per l’Agricoltura statunitense denominato Youth Conservation Corps. La sua speranza di essere assunto a tempo pieno si infrange a causa dell’allontanamento del suo supervisore, Edward Patts, che gli aveva prospettato una stabilizzazione finita l’attività di formazione.
Da quel momento Scarver comincia ad abusare ancor di più di alcolici e stupefacenti e ad avere una cattiva influenza sugli altri fratelli, elementi che spingono la madre ad allontanarlo da casa in un momento di particolare pressione per lui, essendo questi problemi contemporanei alla gravidanza della fidanzata, che egli non riesce ad aiutare economicamente essendo stato licenziato. Soffre anche degli strascichi relativi a episodi di discriminazione razziale sofferti fin dall’infanzia nel quartiere in cui è nato e cresciuto. Tutti questi elementi lo spingono a ricercare una forma di vendetta nei confronti della società, a partire da coloro presso i quali era stato impiegato e successivamente licenziato.
IL PRIMO OMICIDIO: STEVE LOHMAN
Il 1º giugno 1990, a soli 19 anni, Christopher Scarver commette il suo primo omicidio. Ritenendo di aver subito un torto a livello lavorativo, si dirige presso l’ufficio del sostituto di Edward Patts, il suo ex supervisore, impugnando una pistola e pretendendo del denaro dal nuovo sostituto, il 27enne Steve Lohman, ricevendo da lui però soltanto 15 dollari. Considerando la somma irrisoria come un affronto, spara tre volte uccidendo Lohman, per poi indirizzare la sua rabbia nei confronti del responsabile del programma di lavoro, John Feyen, ordinandogli di sdraiarsi a terra con lo sguardo rivolto al pavimento. Dopo avergli detto “Pensi che io stia scherzando, Mr. Hitler? Mi servono più soldi!”, riceve dall’uomo terrorizzato un assegno di 3mila dollari, sparando un ulteriore colpo di pistola alla testa di un ormai deceduto Lohman. La seconda potenziale vittima riesce a salvarsi strappando dalle mani di Scarver l’arma da fuoco per poi scappare in strada, avvertendo così le autorità.
Dopo sole due ore, viene arrestato dalla polizia mentre attende seduto davanti all’abitazione della sua fidanzata. Con lui i 15 dollari sottratti alla vittima e l’assegno intestatogli da Feyen, oltre alla pistola con cui ha compiuto rapina e omicidio. Successivamente affronta dei colloqui con lo psichiatra nominato dal tribunale, William Crowley, per valutare la sua capacità di intendere e di volere al momento dell’omicidio commesso. Scarver dichiara di aver pensato che il suo licenziamento avesse motivazioni di tipo razziale e di essersi voluto vendicare contro i propri datori di lavoro bianchi, aggiungendo che, secondo lui, ogni azione effettuata da persone bianche nei confronti di soggetti afroamericani dovrebbe essere considerata sbagliata. Incolpa anche delle voci (più nello specifico quelle dei membri di una famiglia composta da madre, padre e due figli, un ragazzo e una ragazza) che gli avrebbero ordinato di uccidere perché egli sarebbe il “Prescelto di Dio”, dichiarandosi quindi infermo di mente e perciò non colpevole per quanto da lui compiuto. Aggiunge di aspettarsi di passare il resto della propria vita in un carcere e di non volere essere inviato presso un ospedale psichiatrico per paura di essere trasformato in un vegetale dai farmaci che gli sarebbero stati somministrati, cose a lui suggerite dalle voci.
Nel 1992, alla fine del processo a suo carico, nonostante il parere contrario degli psichiatri chiamati a valutarne la colpevolezza per la sua capacità di intendere e volere, viene condannato alla pena dell’ergastolo e incarcerato nel Columbia Correctional Institution di Portage, in Wisconsin, dove viene valutato come soggetto affetto da schizofrenia (il comportamento violento è effettivamente correlato alla presenza di un severo disturbo mentale, come nel caso di Scarver, laddove concomitante con una storia di violenza pregressa e con l’abuso di stupefacenti e alcolici) e trattato con farmaci antipsicotici. Tuttavia, egli continuerà a soffrire di deliri messianici, arrivando a tentare per due volte il suicidio, una delle quali cercando di appiccare un incendio per morire carbonizzato.
IL SECONDO OMICIDIO: JEFFREY DAHMER
Il 28 novembre 1994, alle ore 7.50 del mattino, l’ormai 25enne Christopher Scarver e altri due noti detenuti reclusi nel penitenziario, il 31enne serial killer cannibale Jeffrey Dahmer e il 37enne uxoricida Jesse Anderson, vengono incaricati di pulire la palestra della struttura. Dahmer è responsabile di stupro, omicidio, necrofilia e atti di cannibalismo nei confronti di 17 giovani uomini, per la maggior parte afroamericani, mentre Anderson ha ucciso la moglie all’uscita di un centro commerciale, colpendola con 5 coltellate indirizzate al suo volto e alla testa, tentando poi di incolpare due ragazzi neri per l’aggressione.
Scarver riporta di essere stato colpito e schernito da Dahmer e da Anderson. Dopo aver atteso che le guardie penitenziarie lasciassero soli i tre detenuti (che nel frattempo si erano separati per svolgere le proprie mansioni), venti minuti dopo l’inizio del proprio turno l’uomo affronta Jeffrey Dahmer con un ritaglio di giornale riportante i suoi delitti per i quali crede che il serial killer non si sia mai pentito. Il suo odio per lui è alimentato anche dalla macabra attitudine di quest’ultimo a riprodurre parti di corpo umano con il cibo fornito in carcere. Poi lo colpisce al cranio con un manubrio per il sollevamento pesi trafugato dalla palestra e gli sbatte la testa contro il muro e il pavimento della stanza con una tale violenza da sfondargli il cranio. Stando a quanto riportato da Scarver, il Mostro di Milwaukee non avrebbe cercato di resistere all’aggressione dicendo al suo assassino che non gli importava di continuare a vivere. Dahmer viene dichiarato morto un’ora dopo l’aggressione, alle 9.11 del mattino, mentre lo stanno trasportando d’urgenza al Divine Savior Hospital.

IL TERZO OMICIDIO: JESSE ANDERSON
Dopo aver aggredito Dahmer, Christopher si dirige nello spogliatoio in cui staziona Anderson, colpendolo a sua volta con il manubrio da 20 pollici (pari a poco più di 50 cm). Scarver considera l’uxoricida un razzista anche per un episodio che aveva visto Anderson deturpare, con un segno di vernice rossa richiamante un proiettile in fronte, un ritratto di Martin Luther King dipinto con impegno da un altro detenuto mentre scontava la sua detenzione. Anderson non muore subito poiché, a differenza della prima vittima, tenta disperatamente di difendersi dal suo assassino, il suo cuore smette di battere due giorni dopo l’aggressione mentre si trova presso lo “University of Wisconsin Hospital” di Madison.
L’agente di custodia trova l’assassino nella sua cella mentre fissa le sue mani sporche di sangue, chiedendo perché non stesse svolgendo la sua mansione. A quel punto l’omicida risponde di aver ucciso Dahmer e Anderson perché così ordinatogli da Dio, e che la notizia riguardante la morte dei due detenuti sarebbe stata trasmessa dal notiziario serale. Nonostante fin da subito si sia ipotizzato che il movente dietro alla duplice uccisione fosse di tipo razziale, oltre che dovuto alla presunta invidia dell’assassino nei confronti della popolarità raggiunta dal serial killer (il Mostro di Milwaukee era solito ricevere un enorme numero di lettere da ammiratori, potenziali mogli, semplici amici di penna e donatori di denaro), si è nel tempo fatta strada la possibilità che la morte di Dahmer per mano di Scarver fosse stata voluta dalle guardie penitenziarie, assenti nel luogo in cui avvengono gli omicidi, nonostante fosse loro compito supervisionare l’attività lavorativa dei detenuti.
La morte di Anderson sarebbe perciò collaterale rispetto a quella del vero obiettivo dell’azione: Jeffrey Dahmer. Questa ipotesi è stata ripresa nell’Ottobre 2004 da un presunto ex detenuto che sostiene di essere stato presente nel momento dell’omicidio. L’ex carcerato, che dichiara di chiamarsi Robert senza rivelare il proprio cognome, riporta come in realtà Dahmer fosse già morto tempo prima di essere caricato sull’ambulanza per trasportarlo in ospedale, anche perché l’infermiera di stanza nel carcere avrebbe atteso più di 40 minuti prima di avvisare i sanitari, e che Scarver, sprovvisto del denaro necessario anche solo per acquistare cibo nella mensa del penitenziario, avrebbe ottenuto dopo i due omicidi un premio di 100 dollari. Gli agenti penitenziari, che quel giorno risultavano essere in 4 addetti alla supervisione dei detenuti impiegati nella pulizia della palestra, si sarebbero spostati contemporaneamente nel bagno adiacente lasciando completamenti soli il carnefice e le sue due vittime. Avrebbero inoltre portato Scarver nella cella di isolamento solamente il giorno dopo averlo ritrovato sporco di sangue, cosa che di solito avviene immediatamente dopo un’aggressione tra detenuti o contro il personale. Infine, avrebbero goduto del prepensionamento pochi mesi dopo nonostante la giovane età.
In un’intervista del 2015, anche lo stesso Scarver conferma la versione dicendo di essere stato lasciato solo dai secondini perché consci del suo odio per Dahmer e di essersi accorto della loro assenza anche nel momento in cui ha ucciso Anderson. Non avrebbe avvalorato queste accuse nei loro confronti nel 1994 perché spaventato dalle possibili ritorsioni e perché sprovvisto di un avvocato capace di appoggiarlo in modo adeguato in tribunale. Tuttavia, un’indagine successiva agli omicidi aveva comunque stabilito che l’assassino aveva agito da solo. All’inizio del nuovo processo a suo carico, Scarver si dichiara pazzo a causa della sua schizofrenia per poi decidere di non contestare le accuse in cambio del trasferimento in un altro carcere. Nel 1995 viene condannato a due ulteriori ergastoli senza condizionale.
ULTIMI EVENTI
Dopo la condanna Scarver viene spostato a Springfield, nel Missouri, per una valutazione psichiatrica allo United States Medical Center for Federal Prisoners. In seguito viene trasferito e detenuto presso lo United States Penitentiary, Florence High, considerato il carcere più sicuro del sistema federale statunitense, in cui sconta 5 anni comportandosi da detenuto modello, tanto da poter interagire con gli altri reclusi nel cortile della struttura. Ritornato in Wisconsin, questa volta al Supermax Correctional Institution, dove rimane per 3 anni denunciando una presunta violazione dei suoi diritti civili, arrivando ad intentare una causa l’8 dicembre 2005 contro i funzionari del penitenziario per averlo tenuto in isolamento per 16 mesi consecutivamente, sottoponendolo inoltre a punizioni ritenute da lui disumane. La Corte, però, conferma la correttezza della condotta dei funzionari penitenziari, sottolineando la necessità da parte del carcere di attuare strategie necessarie a prevenire il possibile suicidio di Scarver o potenziali nuove aggressioni da parte sua nei confronti di altri detenuti.
Attualmente è rinchiuso nel Centennial Correctional Facility di Canon City, in Colorado, nel quale è stato trasferito dal Wisconsin insieme ad altri 36 detenuti con disturbi mentali (non tutti presso il medesimo penitenziario) nel 2006. In prigione impiega il suo tempo nello scrivere canzoni e poesie, poi pubblicate in alcune raccolte rese disponibili per la vendita su Amazon a partire dal 2015, la prima delle quali intitolata “The Child Left Behind: Poetry of Christopher J Scarver”, e curando un sito web in cui parla dei suoi progetti per gli altri reclusi. Inoltre tiene contatti epistolari con il figlio Christopher, nato mentre era in prigione, che in passato ha incoraggiato affinché studiasse e praticasse sport. Consigli seguiti dal figlio, poi laureatosi in Sociologia al Bethany Lutheran College di Mankato, in Minnesota, e divenendo contemporaneamente un giocatore di basket presso i Bethany Vikings.
FONTI
- Bentley-York, J., The Sun (2022). Murderer murdered, Who was Jesse Anderson and whathappened to him?.https://www.thesun.co.uk/news/19886182/what-happened-jesse-anderson/.
- Chris Scarver 2012-13 Men’s Basketball Roster (2013). In BethanyVikings.https://blcvikings.com/sports/mens-basketball/roster/chris-scarver/1474.
- Christopher J. Scarver.(n.d.). In 414Scarversolutions. https://414scarversolutions.wordpress.com/blog/.
- Christopher J. Scarver. (n.d.). In Murderpedia. http://murderpedia.org/male.S/s/scarver-christopher.htm.
- Editors, TheFamousPeople.com. (n.d.). Christopher ScarverBiography. https://www.thefamouspeople.com/profiles/christopher-scarver-35340.php.
- Elbogen, E. B., & Johnson, S. C. (2009). The intricate link betweenviolence and mental disorder: results from the National Epidemiologic Survey on Alcohol and RelatedConditions. Archives of general Psychiatry, 66(2), 152-161.
- Jesse Anderson. (n.d.). In Murderpedia. http://murderpedia.org/male.A/a/anderson-jesse.htm.
- Kennedy, P., &Maharaj, R. (2021). Grilling Dahmer: The Interrogation Of”The Milwaukee Cannibal”. WildBlue Press.
- Lucarelli, C., & Picozzi, M. (2015). Serial killer: Storie di ossessione omicida. Edizioni Mondadori.
- Michaels, S., FindaDeath.com. (n.d.). Jeffrey Dahmer. https://findadeath.com/jeffrey-dahmer/.
- Schram, J. (2015). WhyDahmer’s killer murdered second ‘racist’ inmate. https://nypost.com/2015/05/04/why-dahmers-killer-murdered-second-racist-inmate/.
- Schram, J. (2015). Why I killed Jeffrey Dahmer. https://nypost.com/2015/04/28/meet-the-prisoner-who-murdered-killer-cannibal-jeffrey-dahmer/.
- Youth ConservationCorps. (n.d.). In Forest Service U.S. Department OF Agriculture. https://www.fs.usda.gov/working-with-us/opportunities-for-young-people/youth-conservation-corps-opportunities.
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