Walter Benjamin, filosofo e sociologo, è stato uno dei primi studiosi ad analizzare i fenomeni relativi ai mutamenti della fruizione estetica e il ruolo dei mass media nella modernità.
Il sociologo parte dall’assunto che la tecnologia ha un ruolo fondamentale nel trasmettere contenuti culturali. Infatti, le opere d’arte, i film, si presentano come delle merci frutto di un processo di produzione che ci restituisce la dimensione sociale di una società.
I mass media, nella piena modernità, dal punto di vista tecnologico rappresentano un mezzo di propaganda ideologica e quindi di trasmissione di un contenuto culturale. Secondo l’autore questo processo di trasmissione rappresenta qualcosa di più complesso, ossia una disgregazione sistematica della separazione culturale tra autore e pubblico dovuta alla natura stessa del dispositivo tecnologico di mediazione.
In particolar modo i nuovi mezzi di mediazione culturale restituiscono nuovi aspetti di una nuova realtà.
Per Benjamin, prima ancora dell’aspetto tecnico, l’atto artistico ha intorno a sé un’aura quasi mistica che si sovrappone all’opera stessa. L’aspetto che caratterizza la teoria dei media è l’idea per cui il “medium” è tutto ciò che è in grado di agire sulla percezione, analizzando diversi mezzi: dalla fotografia, al cinema, alla radio, al telefono, alla stampa, fino al linguaggio stesso (W. Iolandi).
Il cinema in particolare è in grado di riprodurre l’oggetto artistico, il che provocherebbe una svalutazione dell’aura pre-moderna. Mentre invece, secondo l’autore, la riproducibilità, donava la possibilità alla nuova società di avvicinare la massa all’arte e alle sue esperienze estetizzanti.
A tal proposito, nel costatare il processo di perdita dell’aura, Benjamin afferma anche vi è un’equiparazione tra la creazione artistica e la produzione di una merce. Nel senso che il progresso tecnologico non è mai associato ad una perdita di qualità, ma piuttosto ad una progressiva desacralizzazione dell’oggetto artistico che favorisce quasi un’esperienza laica dell’arte e della cultura.
Attualmente nelle comunità virtuali osserviamo migliaia di utenti che si uniscono per poter commentare prodotti dell’industria culturale, il che dimostra da una parte la moltiplicazione infinita delle possibilità di fruizione e dall’altra l’infinita varietà dei punti di vista su uno stesso oggetto.
Rispetto ai tempi di Benjamin, oggi risulta ancora più evidente la perdita di quel carisma che aveva un’opera d’arte non riproducibile liberamente. La libertà espressiva di cui gode oggi il cittadino del web, nel commentare un qualsiasi prodotto culturale nel momento stesso in cui lo fruisce, è proprio la piena realizzazione di questo processo di laicizzazione della cultura (V.Pellegrini).
Queste comunità virtuali spontanee hanno preso il posto dei dispositivi di mediazione culturale di cui parlava Benjamin. Fatto evidente quando si osserva il mercato dell’arte, in cui: “ancora prima delle merci, quel che va prodotto è il loro consumo” (Benjamin).
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