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Sessismo Linguistico: la Disparità sessuale nel Linguaggio

11 Marzo 2017 da Webmaster Lascia un commento

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Di Vanda Pennini

Il Processo di Comunicazione corrisponde ad una situazione di interazione tra due o più attori, in cui un messaggio codificato da un soggetto emittente induce una risposta, più o meno consapevole, da parte di un soggetto ricevente. Pertanto, il processo di comunicazione non è neutro né avulso da connotazioni sociali e culturali, è inevitabilmente rilevante chi interloquisce, chi riceve il messaggio in sé e come questo viene trasmesso.

In relazione a tale processo, l’uso che facciamo del linguaggio, verbale e non, riflette e influenza il nostro modo di pensare, di agire, e viceversa. Al linguaggio viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella costruzione sociale della realtà, esso è il principale mezzo di espressione del pregiudizio e della discriminazione, sebbene il meno percepito come tale.

Secondo la studiosa del linguaggio Alma Sabatini:

L’uso di un termine anziché di un altro comporta una modificazione nel pensiero e nell’atteggiamento di chi lo pronuncia e quindi di chi lo ascolta. La parola è una materializzazione, un’azione vera e propria…

In ragione di ciò, femministe e studiose hanno approfondito e analizzato la disparità sessuale nel linguaggio. Analisi che mostrano come quotidianamente i parlanti della lingua italiana utilizzino e selezionino strutture e forme che spesso tendono a emarginare, se non addirittura a ridicolizzare, la figura femminile.

Si dà, così, spazio ad un linguaggio sessista, il cui utilizzo tiene in vita idee errate e stereotipi di genere.

L’espressione “linguistic sexism”, è stata elaborata negli Stati Uniti negli anni ’60-’70 all’interno del dibattito sociolinguistico che vede una profonda discriminazione nel modo di rappresentare la donna rispetto all’uomo attraverso l’uso della lingua. All’interno del linguaggio e delle sue forme più strutturate si celano, infatti, forme e costruzioni che ghettizzano il genere femminile, basti pensare l’espressione emblematica “i diritti dell’uomo” che sembra escludere o eclissare la donna, le forme femminili in “essa” dei suffissi delle parole (avvocato/avvocatessa).

Nelle sue “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” pubblicate nel 1986, Alma Sabatini scrive:

L’impostazione ‘androcentrica’ della lingua […] riflettendo una situazione sociale storicamente situabile, induce fatalmente giudizi che sminuiscono, ridimensionano e, in definitiva, penalizzano, le posizioni che la donna è venuta oggi ad occupare.

Un insieme di caratteristiche della lingua italiana che tendono a identificare due tipi di sessismo linguistico: quello causato da dissimmetrie semantiche che riflette gli stereotipi sociali, e quello derivante da dissimmetrie morfologiche, come ad esempio l’utilizzo del maschile neutro.

Di qui, l’intento di dare più visibilità linguistica alle donne e pari valore linguistico a termini riferiti al sesso femminile, così da poter svincolare i vecchi schemi linguistici e, come sottolinea la Sabatini, capire l’importanza di “scegliere le parole per il significato e non il significato per le parole”.

La questione del sessismo linguistico, inoltre, non si riduce all’utilizzo lessicale, ma va ben oltre coinvolgendo tutte quelle forme, come frasi citazioni e luoghi comuni, che accompagnano il nostro parlare nel linguaggio domestico,mediatico o pubblicitario.

Quello del sessismo nella lingua è, in sé, un ostacolo da rilevare e superare per poter compiere passi avanti nella comunicazione e, più in generale, nella cultura.

A tal fine, organismi giuridici, religiosi ed associazioni culturali hanno iniziato a stilare raccomandazioni per evitare qualsiasi forma discriminatoria per sesso e razza. Negli Stati Uniti l’organizzazione governativa Department of Labor ha apportato varie modifiche a una lista di vocaboli riferiti a occupazioni, che in seguito sono stati introdotti nell’edizione del Dictionary of Occupational Titles del 1977.

Anche in Italia si è cercato di intervenire con il progetto POLITE (Pari Opportunità nei Libri di Testo), promosso nel 1999 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento per le Pari Opportunità e fondato grazie al contributo dell’Associazione Italiana Editori (AIE) e alla collaborazione del Centro per l’innovazione e la Sperimentazione Educativa di Milano (Cisem). POLITE, in linea con le direttive dell’UE, ha come obiettivo quello di eliminare le dissimmetrie grammaticali e di promuovere una riflessione didattica ed editoriale volta a eliminare qualsiasi tipo di linguaggio sessista dai libri di testo.

Nonostante tali azioni e, sebbene il testo delle “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” di Alma Sabatini sia divenuta componente della Commissione governativa di Parità fra uomo e donna, tanto da essere ancora presenti sul sito del Ministero delle Pari Opportunità, oggi, a 25 anni di distanza, esse sono rimaste pressoché inapplicate. Basti pensare ai molti termini e usi della lingua italiana che sono ancora di natura sessista, oppure alle molte le donne che, pur ricoprendo incarichi di prestigio, continuano a declinare la propria professione al maschile.

Ebbene, ancora molto c’è da fare, attraverso il linguaggio e non solo, affinché le donne siano presenti in modo paritario e dignitoso nella rappresentazione figurativa del mondo.

© Riproduzione riservata


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