
Di Nunzia Procida
Nel 2008 esce nelle sale Milk di Gus Van Sant. La storia raccontata è quella di Harvey Milk (interpretato da Sean Penn), il primo politico americano apertamente gay ad essere eletto per ricoprire un ruolo pubblico; uno tra i più importanti e popolari militanti e “martiri” del movimento di liberazione omosessuale negli USA. Il film si apre mostrando Milk seduto in penombra che ricostruisce davanti a un microfono di un registratore magnetico e a un taccuino di appunti il suo percorso politico:
Questo nastro dovrà essere ascoltato solo nell’eventualità che io venga assassinato.
Sean Penn “dà vita al primo alfiere di una battaglia civile dalle tarde conquiste attraverso la semplice riproposizione fisica del personaggio, pietra di scandalo nell’America omofoba degli anni Settanta, per i modi femminei spudoratamente esibiti. Penn ne assume le fattezze entrando nel corpo dell’attivista per riportarlo in vita. Esaspera, qua e là, alcuni dettagli, come il ricciolo unticcio fieramente ostentato sulla fronte. […] In questo modo l’attore estrae la verità profonda, nuda come solo il corpo sa esserlo, dal personaggio storico” [1] .
Lo stesso Milk accentuava, pudicamente e con fierezza, i tratti più visibili della sua omosessualità: dalla mimica al ricorso di allusioni, più o meno velate, durante i suoi discorsi in pubblico.


Nella ricostruzione della comunità gay di San Francisco di quegli anni, Van Sant ricorre spesso all’uso di materiale d’archivio per restituire, quanto più fedelmente possibile, il clima di libertà che pervadeva quelle strade in quegli anni. Un clima che Milk su tutti aveva contribuito a costruire.
La nascita del movimento americano di liberazione dei gay si fa risalire, generalmente, al 27 Giugno 1969, giorno in cui iniziarono i moti di Stonewall (raccontati nel recentissimo Stonewall di Roland Emmerich), che videro scontrarsi violentemente polizia e attivisti gay americani. Da allora il movimento crebbe notevolmente, soprattutto nelle principali aree metropolitane, passando dalle circa 50 organizzazioni del 1969 a oltre 800 del 1973.
Anche Milk, dopo essere stato bandito dall’insegnamento e radiato dalla Marina militare a causa della sua omosessualità, si trasferì con migliaia di altri gay a San Francisco [2] , dove aprì col suo compagno Scott Smith (nel film interpretato da James Franco) un negozio di fotografia, “Castro Camera” in Castro Street. Qui Harvey “spronò i gay a fare acquisti in negozi gay, in modo che Castro diventasse più di un semplice luogo per il cruising, assumendo il carattere di spazio posseduto, vissuto e goduto. Dopo di che, se i gay potevano fare acquisti nei negozi gay e vivere da gay, potevano anche votare per candidati gay” [3] .
Iniziò così l’ascesa politica di Milk che, dopo tre sconfitte, nel 1977 fu eletto consigliere comunale e l’anno dopo, grazie alla sua influenza politica e al suo carisma, la Proposizione 6 (un Referendum che chiedeva il licenziamento di tutti gli insegnanti omosessuali dalle scuole pubbliche) fu bocciata.
L’entusiasmo da parte della comunità gay fu incontenibile; ma il dissapore era dietro l’angolo: il 27 Novembre del 1978 l’ex consigliere Dan White uccise con 5 colpi di pistola Harvey Milk. La sera stessa dell’omicidio partì una lunghissima fiaccolata che vide la partecipazione spontanea di oltre 30mila persone, che nel film viene accompagnata dalla voce fuori campo dello stesso Milk.
Io chiedo questo: che se dovesse esserci un omicidio, in 5, in 10, in 100, in 1000 siano a levarsi in piedi. Se una pallottola mi trapasserà il cervello che serva a distruggere ogni muro dietro cui ci nascondiamo. Io chiedo che il movimento continui perché non è questione di guadagno personale, non è questione di individualismo e non è questione di potere. È questione di «noi» là fuori; e non solo i gay, i neri, gli asiatici e gli anziani e i disabili: i «noi». Senza la speranza i «noi» si arrendono. So che non si può vivere di sola speranza ma senza la speranza la vita non vale la pena di essere vissuta. E quindi tu, e tu, e tu, dovete dar loro la speranza.
All’indomani della morte di Milk il cammino del movimento omosessuale sembrava essere spianato, ma negli anni purtroppo sono state registrate numerose vittime di omofobia; tra queste Matthew Shepard – uno studente di 22 anni che, a Fort Collins nel 1998, dopo essere stato seviziato, fu legato e lasciato per ore su una palizzata da due giovani del posto perché gay – e il tredicenne morto suicida nel 2010 che ha sollecitato Barack Obama a prendere una posizione netta contro il bullismo omofobico.
Ancora oggi, negli USA, 28 Stati su 50 non hanno leggi che impediscono di licenziare qualcuno sulla base del suo orientamento sessuale e tra i cittadini che erano in fila per donare il sangue alle vittime della strage di Orlando – la sparatoria più sanguinosa della storia americana, la strage più grave dopo l’11 settembre e più devastante di quella di San Bernardino, che vedeva come oggetto un’altra minoranza, quella dei disabili – non c’erano omosessuali perché la legge americana vieta ai gay sessualmente attivi la donazione; una norma che, a ben vedere, stride con la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che, avendo stabilito incostituzionali il divieto di nozze fra persone dello stesso sesso (26 giugno 2015), ha reso legali i matrimoni gay.
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[1] C. Jandelli, I protagonisti. La recitazione nel film contemporaneo, Marsilio, Venezia, 2013.
[2] All’indomani della strage di Orlando, Serena Danna chiede allo scrittore Andrew Sean Greer:“Da cittadino omosessuale si sente più in pericolo dopo quello che è successo?” “Mi rendo conto che spesso dimentichiamo quanto le persone ci odiano. Vivo a San Francisco, una città che rappresenta una bolla per gli omosessuali. Fuori da lì la comunità LGBT è ancora bersaglio di odio e violenza”. (Corriere della Sera, 13 giugno 2016).
[3] M. Castells, Il potere delle identità, Ube, Milano 2004.
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