
Di Consuelo Bridda
Ogni cosa è veleno, non esiste cosa che non lo sia. Solo la dose fa sì che una sostanza non divenga veleno.
(Paracelso)
La Tossicologia è una disciplina scientifica che si avvale della chimica e della farmacologia per studiare le sostanze che hanno, o possono avere, il significato di veleni grazie alla loro capacità di provocare un danno grave, o letale, a degli esseri viventi. Gli effetti di tali sostanze si riassumono con il termine “tossicità” e compromettono la capacità di assorbimento, trasporto, e rilascio delle stesse all’interno di un sistema biologico. Il concetto di tossicità è strettamente correlato alla dose: solo la dose fa il veleno. Proprio per questo motivo, una sostanza è considerata altamente tossica quando, già in basse quantità, risulta dannosa ad un organismo.
La Tossicologia in ambito forense si sviluppò come disciplina scientifica nel 1814 grazie al medico spagnolo Mathieu Orfila, autore del “Traité des poisons”, testo in cui per la prima volta veniva messo a punto un approccio sistematico sulla natura chimica e fisiologica dei veleni. Orfila scoprì che la maggior parte dei veleni, se mescolati con fluido animale o vegetale, sfuggivano all’identificazione con i mezzi utilizzati fino ad allora.
Questo aspetto rivoluzionò le tecniche di analisi dell’epoca e determinò la nascita della Tossicologia come scienza forense. Oggi, essa si propone di effettuare determinazioni qualitative e quantitative su sostanze quali alcol, stupefacenti, farmaci e tossici vegetali rilevati su campioni che possono essere biologici (sangue, urina, saliva, capelli, organi e tessuti) o non biologici (polveri e liquidi). A questo scopo vengono utilizzate tecniche Immunochimiche, Spettroscopiche (UV e IR), Gascromatografiche e Liquido Cromatografiche accoppiate alla Spettrometria di Massa ad elevata Risoluzione e Accuratezza. Attraverso tali strumentazioni è possibile effettuare analisi con elevatissime specificità e sensibilità, che permettono di identificare e quantificare singole sostanze, anche su ridotte quantità di campioni.
Queste valutazioni possono essere adoperate sia su soggetti sospettati di un reato che sui cadaveri trovati sulla scena di un crimine e spesso vengono seguite da studi farmacogenetici, che si occupano di evidenziare il ruolo di alcuni geni nel metabolismo del materiale tossico. In entrambi i casi l’obiettivo è quello di indagare i decessi per cause sconosciute, i suicidi sospetti, l’uso e/o abuso di alcol, droghe e farmaci e, più in generale, stabilire la relazione tra la presenza di una di queste sostanze di interesse tossicologico e un danno, o la morte, di una persona.
Proprio per questo motivo le perizie effettuate dal Tossicologo forense, che hanno validità giuridica, costituiscono una prova importante durante i processi penali per stabilire l’effettiva colpevolezza e quindi l’intenzione di causare un danno fisico da parte dell’imputato. Le analisi tossicologiche mirano non solo ad escludere, o confermare, l’abuso di sostanze stupefacenti in reati come la guida in stato di ebbrezza o il doping, ma anche a valutare la capacità di intendere e di volere dell’individuo al momento della commissione del reato.
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. É imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere.
E’ questo ciò che stabilisce l’articolo 85 del codice penale e quindi, se un reato viene commesso da un soggetto sotto l’effetto di sostanze che ne alterino lo stato mentale, la pena in sede processuale viene diminuita o, addirittura, tale soggetto non può essere ritenuto responsabile del fatto.
Un esempio dell’importanza delle perizie fornite dal tossicologo forense riguarda il delitto di Novi Ligure, accaduto il 21 febbraio del 2001. I fidanzati Erika De Nardo (16 anni) e Mauro Favaro (17 anni) commisero un parricidio, assassinando a coltellate la madre di lei, Susanna Cassini, 41 anni, ed il fratellino di 11 anni, Gianluca De Nardo. Durante il processo la difesa, forte del fatto che Erika e Mauro fossero consumatori quasi abituali di droghe, puntò sulla seminfermità mentale dei due per ottenere uno sconto di pena. E fu proprio la perizia, effettuata dal tossicologo forense e dal medico legale, ad escludere l’assunzione di sostanze stupefacenti al momento del compimento del duplice omicidio e, di conseguenza, a far dichiarare entrambi in grado di intendere e di volere, permettendo la loro incarcerazione con il massimo della pena prevista (20 anni Erika e 16 Mauro).
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