Una pratica sempre più diffusa con l’avvento dei social network è il Ghosting, che consiste nello sparire nel nulla. Tendenzialmente è sempre stato possibile rendersi irreperibile, ma sicuramente la comunicazione online rende tutto molto più semplice. Basta davvero poco per decidere di non sentire più una persona: spegnere il pc e alzarsi dalla scrivania, o rimettere in tasca il cellulare.
Secondo il professore Roberto Piani, psicoanalista e docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna, l’interpretazione delle sparizioni è molto più complessa di quello che sembra:
In genere, le persone che spariscono hanno difficoltà a giustificare il fatto di sentirsi inadeguati in una relazione che sta assumendo un significato importante. Immaginiamo un legame che cresce, e che arriva a un punto oltre il quale deve evolversi: può accadere che lui (ma il discorso vale anche per il gentil sesso) non riesca più a sostenere una parte che ha recitato sino ad allora. Naturalmente, non parliamo di prese in giro intenzionali, ma di comportamenti inconsapevoli.
Dunque, il Ghoster comincia a fuggire nel momento in cui le cose iniziano a farsi serie poiché non riesce più a rispondere alle aspettative che lui stesso ha creato.
E così, trovando difficile spiegare il proprio venir meno rispetto alle promesse iniziali, preferisce dileguarsi. Come un bambino che nega ciò che non gli piace.
(Prof. Roberto Pani)
I ghoster sono persone che molto semplicemente non vogliono assumersi le proprie responsabilità, anche se si tratta solo di spiegare il motivo che ha scatenato la loro fuga. Più nello specifico, non è tanto l’evolversi della relazione che spaventa, bensì il dover dare una spiegazione.
Difficile e impegnativo è, invece, fronteggiare la reazione dell’altra persona. Anche se, prosegue il Professor Piani:
È molto probabile che chi sparisce metta in scena inconsapevolmente un comportamento evitante che lui stesso ha subito in passato, cioè nelle primissime relazioni in famiglia. Per esempio, può aver avuto dei genitori che si sottraevano continuamente alle sue richieste infantili di spiegazioni, che elargivano promesse mai mantenute, che lo lasciavano solo senza un perché. Ipotizziamo, quindi, un bimbo che per farsi accettare da genitori sfuggenti ha dovuto fingere continuamente di essere come desideravano che fosse. Tutte queste ferite possono poi da adulti tradursi in una vendetta, operata però sugli altri. Quasi mai il ghoster è arrabbiato concretamente con la persona che decide di cancellare in quel momento: del resto spesso ha instaurato un rapporto positivo, no? Ma la sua è una rabbia che proviene da lontano, e così sposta sul malcapitato problemi non risolti, in un meccanismo di proiezione che in terapia nel transfert emerge molto chiaramente.
Certo è che questo modo di agire potrebbe essere molto dannoso per sé ed eventualmente per gli altri. C’è da considerare anche la reazione di chi subisce il ghosting: all’inizio si è increduli, pieni di rabbia o malinconici, in ogni caso tale pratica provoca una ferita. A fare male non è tanto l’atto in sé, ma l’aspettativa costruita dentro se stessi. La vittima arriva a sentirsi realmente cancellata fino a mettere in dubbio i propri comportamenti, i propri gli atteggiamenti, la propria persona. La motivazione è che cerca in tutti i modi una risposta, ipotizzando di essere colpevole o di aver fatto qualcosa che abbia suscitato una reazione del genere.
Un buon modo per reagire è sicuramente ricordarsi che bisogna comprendere e rendersi consapevoli del fatto che non si è colpevoli di nulla. Una tattica che può essere utile è il no contact, ossia evitare di contattare il fuggitivo perché un’inevitabile mancata risposta farebbe ancora più male. Una volta che si resiste alla tentazione di chiedere spiegazioni, il tempo farà il suo corso. A quanto pare il ghosting non è una semplice tendenza social, ma ha radici profonde che riguardano il vissuto di una persona. Per questo, converrebbe ricordare che è bene inseguire coloro che per lo meno non spariscono dalla nostra vita.
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