Di Cristina Casella
31 dicembre 1993. Siamo a New Orleans, nello Stato della Louisiana. La protagonista di questa brutta storia è Ylenia Carrisi, primogenita di Albano Carrisi e Romina Power. Amante degli Stati Uniti – forse come segno di attaccamento al DNA materno – Ylenia sogna da tempo di girare il mondo in solitaria. Così, la giovane ventitreenne, decide che è arrivato il momento di dare spazio ai suoi desideri. Congela gli studi di letteratura al King’s College di Londra, cercando di finanziare il viaggio tanto sperato.
Ylenia ha programmato tutto, dalle tappe al giorno della partenza. Sceglie il periodo appena antecedente le festività natalizie, ponendo come prima meta l’Ecuador, in Sudamerica. Suo fratello minore decide di raggiungerla per farle una sorpresa, ma la ragazza è già partita alla volta di New Orleans, negli States.
Nessuno poteva immaginare che quella città l’avrebbe inghiottita per sempre, almeno in apparenza. Un’ultima telefonata a casa, i toni sono tranquilli. Ylenia alloggia in un albergo della città, dividendo la stanza con un musicista conosciuto qualche mese prima. Alexander Masakela, questo il suo nome, non era mai piaciuto alla famiglia della ragazza. Lo stesso Albano è tutt’oggi convinto che la figlia fosse stata ammaliata da quel trombettista di strada. Un personaggio poco affidabile ed alquanto sospetto, supposizioni che prenderanno vigore nei giorni successivi alla scomparsa di Ylenia. Masakela, infatti, usò la loro camera d’albergo per consumare rapporti sessuali con prostitute. Tale circostanza lascia presupporre che l’uomo fosse certo del non ritorno della Carrisi, rafforzandone un eventuale coinvolgimento nella sparizione.
Sarà la polizia a fermare il musicista quando – presentatosi alla reception dell’albergo – tenta di pagare il conto della stanza utilizzando i traveler’s cheque della stessa Ylenia. Non si indaga molto sulla vita di questo strano personaggio, né tanto meno lo si pone a misura restrittiva. È solo grazie alle pressioni esercitate dalla famiglia Carrisi che la polizia decide di sottoporre Masakela ad interrogatorio. Molte le contraddizioni, così come le menzogne. Che lui ed Ylenia si conoscessero era cosa nota e provata. A casa dell’uomo, infatti, verranno ritrovati alcuni effetti personali della ragazza, tra cui un walkman ed un giubbotto.
Masakela viene dunque arrestato, rimanendo in carcere per circa due settimane. Gli inquirenti – ma soprattutto i familiari di Ylenia – sono convinti che sia coinvolto in questa misteriosa scomparsa. Verrà rilasciato poco tempo dopo, per poi dileguarsi definitivamente da New Orleans. I Carrisi, così, sprofondano in una terribile ed infinita angoscia.
Il caso di Ylenia fu in seguito catalogato come suicidio. Il custode dell’acquario di New Orleans, Albert Cordova, raccontò di aver visto una donna bionda – particolarmente somigliante ad Ylenia – gettarsi tra le gelide acque del Mississipi la notte del 6 gennaio 1994. Stando a quanto affermato, la donna sarebbe poi annegata. Quel tratto di fiume, a dire dell’uomo, era costantemente attraversato da pericolosi branchi di alligatori. Le dichiarazioni di Cordova, però, non trovarono mai fondamento. Un tentativo di depistaggio, forse, o semplicemente la volontà di togliersi quello scomodo fardello di dosso.
Le acque del Mississipi furono scandagliate scrupolosamente, senza restituire alcun corpo. La sua fama di fagocitatore lasciò da subito poche speranze, anche se nessun oggetto appartenente ad Ylenia fu mai rinvenuto. Albert Cordova è mancato nel 2006. Masakela, che dopo il caso acquisì una nuova identità, potrebbe essere ancora in vita.
Nel novembre del 2015, su richiesta delle autorità statunitensi, sono stati effettuati prelievi di DNA a tutti i membri della famiglia Carrisi, inclusa la Signora Power. Lo scopo di questa indagine scientifica è quello di ottenere un raffronto con il cadavere di una donna rinvenuta in Florida, ad un primo impatto altamente compatibile con la descrizione di Ylenia.
A dare impulso a questi inediti accertamenti le rivelazioni di un camionista, Keith Hunter Jesperson, il quale avrebbe raccontato di aver ucciso una ragazza a Tampa, in Florida, incontrata ad una stazione di servizio. La giovane, una tale Susanne, gli avrebbe chiesto un passaggio. Susanne era il nome con il quale Ylenia aveva deciso di farsi chiamare durante la sua permanenza negli States.
Una semplice coincidenza?
Ad occuparsi del caso, l’agente speciale Dennis Haley. Jesperson, rinominato come “Happy Killer Face” per gli smiles che soleva disegnare nelle lettere indirizzate a media ed investigatori, è un serial killer condannato alla pena di tre ergastoli. Venne arrestato nel 1995 per l’assassinio della sua fidanzata. In seguito, verranno ricollegati alla sua mano altri sette brutali omicidi di giovani donne. Tra queste, forse, anche Ylenia Carrisi.
Nel dicembre del 2014, con una sentenza del tribunale di Brindisi, è stata dichiarata la morte presunta di Ylenia. L’istanza era stata presentata dallo stesso Albano, senza il supporto dell’ex moglie Romina Power.
L’8 dicembre 2015 un comunicato ufficiale è stato inviato dal detective Haley alla redazione del programma televisivo “Chi l’ha visto?”: la giovane donna uccisa in Florida per mano di Jesperson non è Ylenia Carrisi. Il DNA ha eliminato ogni dubbio. Un passo verso la speranza, questo, ma anche un catapultarsi nuovamente in un oblio lungo vent’anni.
Lascia un commento