
La Sociologia militare è una disciplina recente, i primi studi risalgono agli Anni ’40, in concomitanza con il secondo conflitto mondiale. C’è da precisare che fin dal principio, tra il sociologo e il militare, esisteva uno scontro intellettuale dovuto alla differenza di sistemi di valori, che rendeva molto difficile una collaborazione tra i due.
L’opinione che prevaleva, a quei tempi, era che l’individuo o il gruppo sociale dovessero adattarsi al sistema sociale vigente, per cui non era necessario che cambiasse il sistema societario per favorire l’adattamento dell’individuo.
Questa visione, troppo semplicistica, cominciò a mutare durante il secondo conflitto mondiale. Ciò pose le basi per poter sviluppare una fitta collaborazione tra militari e scienziati sociali. I primi a volerlo fortemente, furono gli americani: nel 1941 un gruppo di sociologi e psicologi statunitensi iniziarono uno studio che analizzava le problematiche di istruzione e comando nei gruppi militari, sulla base di informazioni raccolte attraverso un’analisi campionaria.
L’indagine porto alla costituzione della Research Branch, che nei quattro anni successivi fece più di 250 inchieste, con cui si riuscì a raccogliere oltre mezzo milione di interviste di soldati. Oltre ad una collaborazione tra militari e sociologi, l’entusiasmo per questa indagine portò all’adozione di tale modello anche nell’ambito della Marina e dell’Aviazione, che costituirono dei gruppi di ricerca allo scopo di ottenere delle informazioni che permettessero un’organizzazione più dettagliata.
Alla fine della guerra furono costituiti due organismi: lo Human Resources Branch e lo Human Relations and Morale Branch, organismi che esistono ancora e che si occupano di progetti di ricerca.
La sociologia militare, come la sociologia generale, utilizza gli strumenti qualitativi e quantitativi, come ad esempio la teoria dei piccoli gruppi o la teoria della stratificazione sociale. L’esercito rappresenta una struttura sociale e, come tale, ha un aspetto formale e informale. La prima cosa che si fa, quando si studiano gli aspetti formali di un’organizzazione militare, è focalizzarsi sulle differenze tra la vita militare e quella civile: si studiano le forme autoritarie nei rapporti, l’obbedienza, la gerarchia, la regolamentazione dei comportamenti, ecc.
In ambito militare la necessità di pianificare, quindi l’esistenza di un sistema di regole d’azione ben preciso, garantisce lo stesso funzionamento dell’organizzazione militare. Infatti, le tecniche di guerra e il loro conseguente sviluppo necessitano anni di studio e preparazione. Questo tipo di struttura impedisce qualsiasi forma di improvvisazione perché un militare sa bene di dover sempre seguire uno schema d’azione, anche prevedendo le azioni successive. Di conseguenza con gli anni si è sviluppata una casistica militare che ha influenzato anche le relazioni sociali tra i militari, quindi all’interno delle gerarchie e tra le gerarchie stesse.
In questa organizzazione, tutte le attività sono condotte sotto un’unica autorità (autorità coordinatrice), in un unico complesso e normalmente in gruppi. La distanza sociale tra coloro che comandano e quelli che ubbidiscono è importante; questi ultimi, infatti, si trovano nell’impossibilità di influenzare le decisioni che comandano le loro attività. Questa situazione provoca facilmente delle reazioni di difesa da parte del singolo; se queste reazioni non possono essere incanalate o indirizzate verso altre attività che non siano dettate formalmente dai bisogni dell’organizzazione, il comportamento del milite può diventare deviante e dunque disfunzionale nei confronti dei fini dell’organizzazione militare stessa (Lucchini e Riccardo).
Quando ciò avviene, emerge la necessità delle strutture informali, come ad esempio gruppi ristretti di reclute che si formano per una reciproca simpatia che tiene su il morale della truppa soprattutto nei momenti più critici. In tal caso il rischio è quello di rafforzare certe tendenze separatiste all’interno dell’unità, ma, se si effettua un discreto controllo sulle dinamiche sociali dei gruppi informali, sarà possibile arginarle.
Come già detto, nell’organizzazione militare l’aspetto normativo è fondamentale. Ovviamente si tratta di compiti precisi che incombono sull’organizzazione militare e la distribuzione delle diverse mansioni è organizzata nei minimi dettagli. L’aspetto più complesso è la concretizzazione di questi compiti. La scelta di come attuare tale operazione viene lasciata all’iniziativa personale, anche se molto importante è il sistema delle informazioni di tipo autoritativo.
Concludendo, la sociologia militare è molto più complessa e critica di quanto sembri e dimostra di avere diverse sfaccettature da poter esplorare, molte delle quali ad oggi risultano essere ancora oscure.
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