
Di Cristina Casella
La mobilità è uno degli elementi che più caratterizza la nostra epoca, sia per quanto concerne la dimensione fisica sia in riferimento a forme più astratte. Ogni giorno si muovono oggetti, idee, informazioni. E, ovviamente, anche persone. Per dovere o semplice piacere. L’asse della fissità, inclinatosi ormai verso un continuo divenire, ha visto un esponenziale incremento di flussi e spostamenti, generando nuove ed inattese scelte comportamentali.
È in tale contesto che si colloca la nascita di un’inquietante catarsi collettiva, meglio nota come Dark Tourism. Il termine, introdotto per la prima volta da Foley e Lennon nel 1996, designa il fenomeno dei pellegrinaggi di massa nei luoghi di disastri e delitti efferati. La crescente attrattiva verso tutte quelle mete ove regnano senso di morte e dolore appare piuttosto anomala, soprattutto all’interno di una realtà contemporanea altamente intrisa di processi di razionalizzazione.
Lo sviluppo di questi viaggi atipici è il risultato di una molteplicità di fattori, innescato innanzitutto da diverse basi motivazionali. La gamma di azioni operate dagli individui – nella maggior parte dei casi – esprime:
- il desiderio di visitare luoghi testimoni di un passato fatto di massacri e torture (come ad esempio i campi di concentramento);
- la volontà di prendere parte ad una riproposizione/simulazione della morte o dell’evento delittuoso;
- il bisogno di essere presenti per condividere uno stato emozionale generalizzato.
Se l’identità, nel secolo scorso, appariva come una struttura solida e cementificata, attualmente può essere paragonata a materia biodegradabile. L’individualità resta ferma ad un livello superficiale, cedendo a un conformismo egemonico che emula il comportamento altrui. L’omologazione e gli atteggiamenti imitativi, dunque, si sono imposti all’autoriflessitivà soggettiva. La previsione tocquevilliana di un narcisismo di massa sembra aver preso il sopravvento.
Non bisogna dimenticare che la morte è stata privata del carattere di evento sociale che per lungo tempo l’ha contrassegnata. Oggi si è trasformata in qualcosa di scomodo, capace di disintegrare le sicurezze acquisite. È per questo che va negata, rimossa, o – tutt’al più – vissuta a distanza. La spettacolarizzazione è uno di quei meccanismi che riesce nel contempo ad allontanare e avvicinare l’accadimento luttuoso, attribuendogli un senso di irrealtà. La mediazione dello schermo e la ripetitività esperienziale portano l’individuo all’accettazione e al successivo controllo delle proprie paure.
Secondo gli psichiatri il turismo morboso troverebbe risposta nella trasgressione, capace di dar sfogo all’istintualità attraverso l’abbattimento del muro etico. Anche l’immedesimazione ha un ruolo fondamentale: le persone che affollano i luoghi dei delitti non vogliono vestire i panni dell’assassino, ma desiderano immergersi in quel contesto specifico.
Questa febbre modernizzante vanta numerosi esempi, dal caso di Avetrana sino al naufragio della Costa Concordia. La vicenda dell’omicidio di Sarah Scazzi, in particolare, ha permesso un’analisi approfondita del fenomeno, poiché oggetto di grande interesse mediatico. Nel piccolo centro della provincia di Taranto si sono riversate migliaia di persone in seguito al delitto. Diverse le età, così come la provenienza e l’estrazione sociale. Il sindaco della cittadina, data l’enorme quantità di veicoli che ostacolavano la viabilità, è stato persino costretto a bloccare l’accesso ai pullman all’interno delle strade urbane. Le code e le soste dinanzi la villetta dei Misseri, infatti, sono ad oggi difficilmente quantificabili.
L’assurdità, com’è noto, non conosce freni. Emblematico il racconto di una coppia di Napoli: i due, diretti verso il mare del Salento, decidono di effettuare una deviazione durante il tragitto. Destinazione Avetrana, ovviamente. L’intento, poi non raggiunto, era quello di ricevere un autografo da Zio Michele, in quel momento assente dalla casa di via Deledda. La coppia, dopo aver citofonato insistentemente, si “consolerà” con una visita al cimitero sulla tomba della piccola Sarah.
I dati numerici mostrano l’effettiva esistenza del Turismo nero. Ad Avetrana, nei quattro mesi successivi al delitto, i fatturati di bar e pizzerie hanno registrato oscillazioni comprese fra l’80 e il 120 percento in più rispetto alla norma. Stesso incremento rilevato a Brembate, nel periodo in cui è stato ritrovato il corpo della piccola Yara: qui i flussi escursionistici hanno visto presenze raddoppiate di circa il 55%.
Identica fotografia in merito al numero di curiosi accorsi all’Isola del Giglio per osservare da vicino il relitto della nave Concordia. Nella settimana successiva al naufragio, sono stati venduti un migliaio di tagliandi per i traghetti (1.080 precisamente). Nei sette giorni precedenti la cifra era ferma a 131, circa il 90% in meno. La drammaticità dell’esistenza, insopportabile nell’ottica odierna, viene così esorcizzata mediante un esibizionismo prevaricante e – a tratti – davvero inaccettabile.
Analisi con tanti punti di riflessione