Un nuovo studio, condotto dal The Mind Research Network di Albuquerque, mostra che attraverso il Neuroimaging è possibile valutare la probabilità di recidiva di un detenuto.
Il documento, che sarà pubblicato negli Atti della National Academy of Sciences, prende in considerazione il comportamento impulsivo e antisociale regolato dalla corteccia cingolata anteriore (ACC). Secondo questo studio, effettuato per mezzo del Magnetic Resonance Imaging (MRI), i detenuti con una minore attività cingolata anteriore hanno il doppio della probabilità di recidiva rispetto ai detenuti con una maggiore attività localizzata in quest’area del cervello.
Questi risultati possono avere delle implicazioni incredibilmente importanti, nell’amministrazione della giustizia penale e nella gestione dei colpevoli.”
ha dichiarato il Dott. A. Kent Kiehl, autore dello studio e membro di spicco del MRN.
Non solo questo studio si configura come un nuovo strumento utile nella previsione della probabilità di recidiva dei detenuti, ma fornisce addirittura la possibilità di elaborare delle strategie di trattamento personalizzate, sulla base della predisposizione individuale all’attività criminale reiterata”.
Lo studio ha esaminato 96 detenuti maschi, di età compresa tra i 20 e i 52 anni, che si sono offerti spontaneamente di partecipare. La popolazione statistica è stata seguita per un periodo massimo di quattro anni dalla data di rilascio dal carcere. Da questa analisi, ripetuta nel tempo, è stato possibile osservare che:
Le persone che hanno messo in atto comportamenti criminali recidivi avevano tendenzialmente una minore attività della corteccia cingolata anteriore rispetto agli altri . I dati ottenuti dal MRI, quindi, hanno evidenziato un’alterazione nel funzionamento dell’ACC.”
La corteccia cingolata anteriore, infatti, regola l’elaborazione della risposta cognitiva ai conflitti individuali. Le persone che hanno quest’area cerebrale danneggiata possono manifestare comportamenti disinibiti e aggressivi. Il Dott. Kiehl di conseguenza ritiene che, ripristinando la naturale attività di questa specifica zona della corteccia, si possa intervenire attivamente sulla probabilità di recidiva dei detenuti, riducendola.
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