
Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.
Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta.
Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato, si applica la pena dell’ergastolo.
Al concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la libertà, senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione, si applicano le pene previste dall’articolo 605. Se tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena è della reclusione da sei a quindici anni .
Nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera, al di fuori del caso previsto dal comma precedente, per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l’individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell’ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a vent’anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi.
Quando ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista dal terzo comma è sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni. Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni, nell’ipotesi prevista dal secondo comma, ed a quindici anni, nell’ipotesi prevista dal terzo comma.
I limiti di pena preveduti nel comma precedente possono essere superati allorché ricorrono le circostanze attenuanti di cui al quinto comma del presente articolo.
Il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione è un reato comune che può essere attuato da chiunque voglia privare un soggetto della libertà personale, allo scopo di estorcere al sequestrato, o ad altri, un prezzo per la liberazione. Da quanto detto si evince che il presente reato ha una struttura complessa, la cui condotta privativa della libertà personale coincide con quella di cui all’art. 605 c.p., a cui si aggiunge la componente estorsiva ex art. 629 c.p.
Sicché è un reato di tipo commissivo, che può configurarsi anche nella forma omissiva impropria ex art. 40/2 c.p., qualora il soggetto avente una posizione di garanzia nei confronti del sequestrato non intervenga allo scopo di impedire l’evento. L’elemento soggettivo che integra il reato in esame è il dolo specifico, che è costituito dal voler privare un soggetto della sua libertà personale allo scopo di conseguire per sé, o per altri, un profitto contra ius e non dovuto, il quale è richiesto come prezzo della liberazione della vittima.
Proprio quest’ultimo particolare traccia la linea di confine tra l’art. 630 c.p. e l’art. 605 c.p., poiché il pagamento del prezzo della liberazione è l’elemento che specializza la fattispecie ex art. 630 c.p., sia sul piano astratto (ovvero normativo) che sul piano concreto (condotta ed elemento soggettivo), onde escludere un concorso materiale tra i reati di cui agli artt. 605 c.p. e 629 c.p., qualora la richiesta di pagamento di una prestazione non venga richiesta come prezzo della liberazione.
Nei commi successivi, il legislatore prevede una serie di forme di manifestazione del reato, le quali si distinguono sia nel precetto che nella sanzione. I commi successivi 2 e 3 prevedono due ipotesi di fattispecie aggravata dall’evento morte del sequestrato, sia che tale accadimento avvenga come conseguenza voluta, o meno, dall’agente.
Con riguardo al comma 3, l’art. 630 c.p. prevede il caso in cui il sequestrato muoia per volontà dell’ agente, fatto punito con la pena dell’ergastolo data la sua maggiore lesività. Anche questa ipotesi si configura come un reato complesso, in quanto è composta sia dal sequestro che dall’evento morte ex art. 575 c.p. Il comma 3 va comunque considerato non come una circostanza aggravante, ma come una vera e propria fattispecie autonoma di reato, data la sostanziale diversità della condotta, dell’evento e della pena rispetto a quanto sancito dai commi 1 e 2. Proprio considerando il comma 3 come una fattispecie autonoma di reato e non come una circostanza aggravante, la si potrà sottrarre da un eventuale giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. qualora concorrano delle circostanze attenuanti, assicurando all’agente un trattamento sanzionatorio proporzionale a quanto commesso volontariamente.
Il comma 4, invece, prevede una pena ridotta nell’ipotesi in cui uno dei concorrenti si dissoci dal delitto volontariamente e adoperandosi spontaneamente per la liberazione della vittima sequestrata.
Lascia un commento