Nel 1995 a Pittsburgh, il quarantacinquenne McArthur Wheeler decise di rapinare due banche nello stesso giorno. Nessuna maschera, nessun travestimento, tutto ripreso dalle telecamere di sicurezza.
Quando, nel giro di poche ore, la polizia lo arrestò, Wheeler rimase assolutamente sorpreso di essere stato riconosciuto e individuato attraverso le immagini delle telecamere. La spiegazione che fornì lasciò tutti di stucco: l’uomo sosteneva che prima di uscire di casa, armato e pronto all’azione, aveva ricoperto il suo viso di succo di limone.
Tempo prima un amico gli aveva mostrato che, scrivendo su un foglio alcune parole utilizzando succo di limone, la scritta rimaneva invisibile fino a quando non la si avvicinava a una fonte di calore. Un esperimento elementare, che chiunque può fare a casa.
Wheeler, quindi, era convinto che cospargersi il viso di limone e stare lontano da fonti di calore sarebbe stato sufficiente per scomparire e non essere visto da nessuno. Prima di recarsi in banca si era anche scattato una polaroid, ma aveva sbagliato mira fotografando il soffitto. La fotografia gli aveva confermato ciò che credeva: grazie al succo di limone, era diventato completamente invisibile. Il rapinatore non era sotto l’effetto di stupefacenti o alcool, anzi era assolutamente lucido e stupito di essere stato smascherato.
La curiosa vicenda solleticò la curiosità di due ricercatori della Cornell University: David Dunning e Justin Kruger. Il primo pensò che probabilmente Wheeler era troppo stupido per rendersi conto di ciò che aveva fatto, la sua stupidità gli aveva nascosto la sua stessa stupidità. Per questo, i due studiosi di psicologia sociale riunirono un gruppo di volontari per compiere un esperimento: ad ogni partecipante fu chiesto quanto si considerasse competente in tre differenti aree (grammatica, ragionamento logico e umorismo) e in seguito di compilare un test per verificare quanto realmente fossero preparati su questi tre argomenti.
I risultati dell’esperimento confermarono quanto sospettavano i due ricercatori: i soggetti, che si erano autodefiniti “molto competenti” nelle tre aree, nelle prove avevano ottenuto le valutazioni peggiori; al contrario, coloro che inizialmente si erano sottovalutati erano risultati tra migliori.
Nel corso di quattro studi, gli autori hanno trovato che i partecipanti appartenenti all’ultimo quartile della classifica per quanto riguarda i risultati dei test su umorismo grammatica e logica, sovrastimavano di molto il proprio livello di performance e di abilità. Sebbene i punteggi li accreditassero nel 12° percentile, essi reputavano di essere nel 62°.”
Nel 1999 venne pubblicato il loro paper “Unskilled and Unaware of It: How Difficulties of Recognizing One’s Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments”, che da allora rappresenta un classico degli studi sull’ignoranza di sé. Il risultato delle ricerche dei due studiosi è conosciuto come effetto Dunning-Kruger.
Quando le persone sono incompetenti nelle strategie che adottano per ottenere successo e soddisfazione, sono schiacciate da un doppio peso: non solo giungono a conclusioni errate e fanno scelte sciagurate, ma la loro stessa incompetenza gli impedisce di rendersene conto. Al contrario, come nel caso di Wheeler, si ha l’impressione di cavarsela egregiamente”
Spesso accade che gli ignoranti non sappiano di essere ignoranti, suggeriscono Dunning e Kruger. In effetti, se cerchiamo di capire che cosa non sappiamo attraverso l’introspezione, potremmo non ottenere nulla. Possiamo continuare a chiederci “Che cosa non so?” fino allo sfinimento, e darci delle risposte, ma non esauriremmo comunque il campo infinito della nostra ignoranza. Guardarsi dentro non sempre porta risultati soddisfacenti, l’unico modo per uscire dalla propria ignoranza è chiedere agli altri.
Dunning spiega così il fenomeno: per ogni competenza, esistono persone molto esperte, mediamente esperte, poco esperte e pochissimo esperte. L’effetto Dunning-Kruger consiste in questo: le persone pochissimo esperte hanno una scarsa consapevolezza della loro incompetenza. Fanno errori su errori, ma tendono comunque a credere di cavarsela.
Il dottor Geraint Fuller, neurologo, commentò l’articolo dei due ricercatori facendo notare che anche Shakespeare si espresse in modo analogo in “Come vi piace”:
Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio”.
Anche Bertrand Russell ha scritto che:
Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni”
Possiamo concludere con una ricorrente e divertente battuta:
Quando sei morto, non sei tu a soffrire perché non sai di essere morto. Soffrono gli altri. Succede lo stesso quando sei stupido”.
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