Uno studio della Children’s Commissioner inglese ha preso in esame l’uso e gli effetti dei social media sui ragazzi di età compresa fra gli 8 e i 12 anni: se i bambini fino a 9 anni li utilizzano esclusivamente per giocare, tutto cambia appena i bambini entrano nella pre-adolescenza. Nonostante molte App – tra cui Facebook, Instragram e Snapchat – richiedano all’utente un’età non inferiore ai 13 anni, secondo l’Ofmcom (Office of Communications, l’autorità competente e regolatrice indipendente per le società di comunicazione nel Regno Unito) il 46% degli undicenni e il 51% dei dodicenni avrebbe già un account su un social.
La presidente della Children’s Commissioner, Anne Longfield, invita i genitori a impedire ai più piccoli l’uso di Snapchat, una delle App capace, più di altre, di creare “dipendenza”: Snapchat impazza tra i giovanissimi, perché crea reti che non esistono se non nell’istante in cui vengono vissute, non consentono memoria e archiviazione, sono una sorta di eterno presente e, per questo, Snapchat richiede una connessione e un’interazione quotidiana per non “perdere le amicizie virtuali”. Ciò che gli esperti suggeriscono non è vietare completamente l’uso dei social ma regolamentarlo, offrendo ai figli gli strumenti necessari per gestirli al meglio, con distacco, non perdendo mai di vista la realtà e la vita di tutti i giorni.
A tal proposito, Alberto Pellai (medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva, e ricercatore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano) osserva che i bambini vivono, attraverso gli smartphone, una vita parallela a quella reale.
Ma cosa fanno nei social? Dove si esibiscono? Dove vanno a ricercare approvazione e conferme?
Diffondere le proprie immagini online e soddisfare il proprio bisogno di accettazione e di stima da parte di altri utenti è un fenomeno importante e fisiologico nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza: “È la fase dei cambiamenti corporei” – spiega Pellai – “in cui il corpo non è più percepito come uno strumento per giocare e per fare sport, ma veicola un codice di comunicazione carico di nuovi significati. Verificare le reazioni che suscitano sui social è una caratteristica che connota i giovanissimi di oggi”. I “like”, che sono una sorta di “attestato di stima” e di “convalida sociale”, contribuiscono a delineare, distruggere o consolidare l’autostima dell’individuo. “Nel mondo reale” – secondo l’esperto – “se si indossa un abito ‘sbagliato’, l’imbarazzo dura un giorno, mentre sui social, se l’immagine diventa oggetto di critica negativa, rimane congelata per sempre e i ragazzi continuano a riflettervisi”. Se un’attenzione maggiore al proprio corpo è normale, non lo è più se questa preoccupazione sfocia in ossessione; a tal punto è auspicabile l’intervento dei genitori: la delicata fase della pre-adolescenza rende gli individui più vulnerabili alle trappole della rete.
Internet per i pre-adolescenti ha un marcato impatto sull’identità, i comportamenti e la personalità dei ragazzi che navigano in rete. Molti di loro diventano dipendenti dai “like” al punto tale da restare connessi anche durante la notte. Uno studio canadese ha dimostrato che l’uso smodato dei social network fa dormire ai più giovani meno di 8 ore a notte, offrendo loro una scarsa qualità del sonno che fa alzare i livelli di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”, facendo registrare ripercussioni sia sul rendimento scolastico sia sulla salute in generale.
Lascia un commento