Di Andrea Manno
Circa un mese fa un ragazzetto con cui stavo lavorando mi investe con una notizia sconvolgente: più di 100 ragazze si sono suicidate perché un componente del famoso gruppo One Direction (da adesso in poi 1D) ha abbandonato la band. Sbam! Un cazzotto nello stomaco. “Ma che dici! Non ci credo!” è la mia prima reazione. “Guarda che l’ha detto il Tg5”, ribatte lui. Ah beh, allora puoi esserne sicuro, penso ironicamente.
E in effetti qualche giorno dopo la notizia viene smentita. Ma è una smentita che lascia comunque dietro di sé una lunga scia di sangue reale, quella di un nutrito gruppo di ragazzine fans della boyband, che hanno immortalato e postato su vari social network le foto delle loro braccia martoriate dai tagli che si sono autoinferte in occasione dell’abbandono del gruppo da parte di Zayn Malik. Qualcosa che resta comunque difficile da credere ma che corrisponde alla realtà.
Provo a rifletterci sopra, ad interrogarmi su quale senso possa avere arrivare a tanto, ma non riesco a farlo; è una realtà di cui mi mancano troppi pezzi: se con l’autolesionismo mi è capitato di avere a che fare qualche volta, di social network e 1D ne so poco e niente. Per questo ho deciso di fare quattro chiacchiere con Alice*, una ragazza di 13 anni che frequenta una scuola media di Roma, naturalmente fan sfegatata della band britannica. Dopo aver avuto conferma dalla rete della notizia degli atti di autolesionismo legati all’addio di Malik, infatti, mi è caduto l’occhio sulla copertina del suo diario: 1D. Poteva essere l’occasione giusta per provare a capirne qualcosa in più.
Sono seduto di fronte a lei, che per l’occasione indossa anche la maglietta dei suoi beniamini, con il registratore pronto a catturare il nostro scambio verbale sulla questione. Per prima cosa le chiedo da quanto è una fan della band e come lo è diventata.
Questo è il terzo anno che sono fan di questa band. Li ho scoperti su YouTube perché la mia migliore amica mi ha fatto vedere un loro video, e da lì mi sono piaciuti; quindi ho cominciato a seguirli sui social, ai concerti, e… – fa una piccola pausa, sorride – e mi sono innamorata di loro.
Da tre anni è una fan, quindi da quando aveva 10 anni. “Ma da quanto esistevano questi 1D?” Le domando. “2010” risponde, e precisa: “23 luglio del 2010”. A questo punto le chiedo cosa fa nel concreto nelle vesti di una fan degli 1D.
Ascoltiamo musica, spesso facciamo delle fan-action, che sono raggruppamenti di directioners nelle città principali, e con loro organizziamo flash-mob; poi li seguiamo sui social, qualsiasi tipo di social, e comunque anche se sono lontani da noi gli diamo il nostro supporto, gli facciamo capire che noi per loro ci siamo sempre, perché se loro esistono è anche grazie a noi; siamo noi che li supportiamo, cioè compriamo i loro dischi, andiamo ai loro concerti.
A parte diversi termini di cui vagamente so o posso intuire il significato, mi balza all’orecchio la naturalezza dell’uso del “noi”, nonostante io abbia usato nella domanda la prima persona singolare. Le domando poi se lei o qualcuno di sua conoscenza abbia mai fatto qualcosa di un po’ pazzo per gli 1D.
Io no. Sono abbastanza normale. Sono andata a un concerto a Milano, poi li seguo sui social, però non faccio cose strane. Di persone che conosco è giusto capitato che qualcuno sia scappato di casa per andare al loro concerto perché i genitori non gli davano il permesso, però la mattina dopo stavano a casa. Invece di persone che non conosco personalmente ma che conosco sui social, so di atti di bullismo.
Corrugo la fronte: “Collegati agli 1D?“
Sì. Ad esempio ragazzi, maschi, che vengono presi in giro perché ascoltano la loro musica. Tanti di questi ragazzi sono arrivati al suicidio e adesso non ci sono più. Io ho delle amiche che ci sono state male perché eravamo tutti comunque amici di questi ragazzi, e fa male perché è una cosa assurda che si possa arrivare all’esasperazione, al suicidio, perché si viene presi in giro perché si ascolta quel gruppo o quel cantante, e picchiati. E’ una cosa brutta.”
Assurdo, sì. L’atmosfera si fa un po’ triste. Un moto di empatia mi fa sperare che quando parla di amici non intenda qualcuno che conosceva personalmente. Glielo chiedo.
No, li conoscevo solo sui social. Sospiro di sollievo.
Per curiosità e per alleggerire il clima, domando quale sia la proporzione tra ragazzi e ragazze tra i fan degli 1D.
I ragazzi sono molti di meno, però ce ne sono. Direi 15-20%. Quando sono andata al concerto ne ho visti tanti.
Senti, ma cos’è che vi piace così tanto di questa band?
Beh, lo ammetto: la musica, lo sanno tutti, è commerciale, però a noi piace. E poi scrivono dei testi molto belli. Ne hanno scritti alcuni anche insieme ad Ed Sheeran e ad altri autori molto bravi. Scrivono le parole che noi ragazze vorremmo sentirci dire dai ragazzi, ma ce le dicono loro. Scrivono canzoni piene di vita e sentimenti, sulla necessità di cogliere l’attimo. E poi vabbè, sono belli!
Osservando Alice che parla, sembra di vedere veramente una ragazza innamorata. Le chiedo come si è sentita lei quando Zayn Malik ha deciso di abbandonare la band.
E’ stato brutto. Io e molte mie amiche ci siamo state male. Vederli solo in quattro è una cosa triste. Poi Zayn sicuramente continuerà a cantare e potremmo sempre seguirlo sui social, però per esempio una mia amica aveva risparmiato tanto per poter andare al loro concerto a giugno, rinunciando a un sacco di cose, e ora è disperata che non li vedrà tutti al completo.
Questa volta la sensazione è troppo forte e glielo dico: Sai che guardandoti e sentendoti mi sembra di parlare con una ragazza che è stata lasciata dal suo fidanzato? Lei sorride. Continuo: certo, io ho 33 anni e te lo dico osservando le cose da una posizione diversa dalla tua, ma non ti sembra un po’ esagerato stare così tanto male per un ragazzo che non conosci e che lascia una band?
Ma noi siamo ancora ragazzine. E’ normale che a 33 anni pensi che questi problemi siano piccoli e stupidi.
In quel momento mi torna in mente il 1996 e le mie lacrime per il gol di Vavra, che a pochi minuti dalla fine del secondo tempo supplementare butta fuori la Roma dai quarti di finale di coppa UEFA. Una reazione che ora, forse, definirei esagerata giusto perché a 33 anni ho imparato a trattenere le lacrime!
Alice continua:
Quando si sono sciolti i Beatles o altri gruppi, quante persone sono state male. E poi tu dici che non lo conosco, ma in realtà è come se lo fosse. Grazie ai social abbiamo praticamente un contatto quotidiano con la band, ci sentiamo molto vicine a loro, e loro ci sentono vicine. Quindi il fatto che Malik non stia più con gli 1D è qualcosa che cambia un po’ la vita di tutti i giorni.
Questa pervasività dei social network nella vita quotidiana mi colpisce molto, ma non insisto in questa direzione per non virare troppo dall’argomento della nostra conversazione. Porto invece la sua attenzione sul punto centrale della questione, il famoso hashtag #cut4Zayn. Le chiedo cosa significhi.
Non c’è una traduzione letterale di questo hashtag. Ne hanno creati molti sui social. Praticamente è successo tutto quando Zayn, Zayn Malik, ha deciso di abbandonare la band, il 25 marzo. Molte ragazze hanno iniziato a tagliarsi, e hanno anche tentato il suicidio, e mettevano le foto delle loro braccia tagliate e insanguinate su internet, con l’hashtag #cut4ZaynMalik. Il motivo principale per cui lo facevano era questo: loro pensavano che mettendo queste foto, Zayn avrebbe capito il loro dispiacere. Era un messaggio per lui, che secondo loro si sarebbe pentito perché avrebbe provato pena per le fan, e quindi sarebbe tornato, cosa che invece non è successa, e queste ragazze in realtà si sono solo fatte del male.
Questa volta mi sembra che Alice concordi con la mia tesi di reazione esagerata, ma per confermare questa mia impressione le chiedo cosa ha pensato lei, da fan degli 1D, quando è venuta ha conoscenza dell’accaduto.
All’inizio non le avevo viste perché io, non avendo Facebook, uso principalmente Twitter che è uno dei miei social preferiti, e lì sono girate poco queste foto. Però quando sono andata a cercarle su internet ne ho viste tante, e da fan dico che è una cosa davvero stupida, perché Zayn e gli altri sono delle persone normali, che fanno sì parte di una band, ma che hanno anche loro una vita, e se una persona ha preso questa decisione, di abbandonare, non è che muore; ha solo abbandonato la band, però continuerà a cantare, a fare dischi, quindi noi potremo comunque continuare a seguirlo. E’ una reazione esagerata quella di queste ragazze. E poi, arrivare a pensare che potrebbero fargli pietà, fargli vedere sangue e braccia insanguinate, è una cosa bruttissima. Si sono fatte davvero tanto male da sole e l’hanno fatto solo per fargli pietà. E purtroppo ce ne sono tante, tante che fanno così.
La incalzo: secondo te un gesto del genere, che come dici tu è molto forte e fuori luogo, vorrebbe solo mandare un messaggio al tipo che ha lasciato la band?“
Mi interrompe:
Attirare l’attenzione.
Già, ma di chi?
Principalmente, in questo caso, le foto sono state messe perché Zayn ha lasciato la band. Poi non so se… – pausa – Ci sono tante ragazze che fanno cose di questo tipo, soprattutto su un sito che si chiama Tumblr; è pieno di queste ragazze che odiano, cioè che dicono di odiare la vita, e quindi si tagliano. Postano continuamente foto. Secondo me lo fanno principalmente per attirare l’attenzione, perché se tu sei triste puoi anche tenerlo dentro e non farlo vedere a tutto il mondo; poi in questo caso anche per attirare l’attenzione di Zayn.
Altro?
Sì, questo e anche per manifestare di provare un malessere dentro. Però la maggior parte delle volte le ragazze, dico ragazze perché la percentuale di ragazzi che lo fanno è molto minore, lo fanno per attirare l’attenzione e far vedere che sono tristi, e non è sempre vero.
Mi chiedo a cosa possa essere dovuta tutta questa necessità e voglia di farsi riconoscere come persone tristi dal prossimo. Rigiro la domanda a Alice.
Perché la nostra è una società dove tutti sentono di non avere mai abbastanza. Le persone cercano sempre di più: hanno uno e cercano due, hanno due e cercano tre. Fino a quando arrivano a desiderare cose che non possono avere, che non si possono permettere, e quindi sono tristi.
La riporto sulla sua esperienza personale chiedendole se abbia mai avuto a che fare con persone che hanno deciso di manifestare il proprio disagio tagliandosi.
Sì, e non poche. Perché di solito le persone che si tagliano sono di due tipi: il primo tende a nasconderlo, non lo fa vedere perché si sente davvero male; però sono poche questo tipo di persone. Il secondo tipo invece sono persone che lo fanno, o per più o meno divertimento, o per far vedere proprio che loro sono fatti così. Ma in realtà non è vero, è tutta una finzione: ma loro mettono foto, le ragazze vanno in giro ad agosto con i maglioni lunghi…Si sa ormai. Quelle sono ‘tumblr girl’, cioè ragazze tumblr, che si tagliano, che sono infelici della vita. Le hanno proprio schedate. É una cosa brutta, però ce ne sono davvero tante.
Mi viene in mente un articolo che ho letto in rete dove uno psichiatra commentava l’autolesionismo legato agli 1D, mettendo in evidenza come tagliarsi fosse diventata una sorta di moda per i giovani. Chiedo a Alice se anche lei la pensa in questo modo.
Sì. Perché tutto ciò che gira sui social poi diventa moda. Questo gira un sacco, e quindi ormai è una moda. (Essenziale ma chiarissima).
Domando quindi qualche delucidazione su Tumblr, roba di cui non ho mai sentito parlare.
Tumblr è un social network, io non lo uso, però ne sono a conoscenza. Non lo uso principalmente per un motivo: tutte le ragazze e i ragazzi che fanno parte di questo social network sono così: infelici della vita, si tagliano, dicono che la loro vita fa schifo, che non hanno mai niente, che tutti gli vogliono male, che non hanno mai amici, che nessuno li vuole. E poi c’è una cosa che fa davvero ridere, proprio buffa: tante ragazze che si sentono brutte e che dicono ‘oddio sono bruttissima nessuno mi vuole’. Poi le vai a vedere nelle foto e invece sono davvero belle ragazze: bionde, con gli occhi azzurri, magre. Però loro continuano a dire alla gente che sono brutte per farsi sentire dire dagli altri che non è vero, che invece sono belle.
Quindi una tendenza a farsi passare per vittime…
Sì. E’ proprio l’espressione giusta.
E tu cosa pensi personalmente del fenomeno dell’autolesionismo e della differenza tra quelli che lo fanno perché va di moda e quelli che lo fanno perché hanno un vero disagio che non sanno come esprimere?
Allora, io sono totalmente contraria all’autolesionismo, sia per quelli che lo fanno per moda sia per quelli che esprimono un vero disagio. I primi non dovrebbero proprio farlo, dovrebbero trovare altri modi per fare moda. Anche le persone che hanno un vero disagio dentro non dovrebbero farlo, soprattutto perché si fanno male loro stessi, e poi perché il malessere oltre a rimanere dentro diventa anche fisico, quindi raddoppia. Dovrebbero parlare con qualcuno, con un adulto, o con un amico, anche se principalmente si consiglia un adulto perché sono le persone più indicate per aiutarti in queste situazioni. Se si prova a parlare con qualcuno, a volte si comincia a smettere, o almeno questa cosa diminuisce. Cioè io ho visto anche casi di mie amiche che hanno smesso…
Non si dovrebbe fare in un’intervista, ma la interrompo, per chiedere se le amiche di cui parla secondo lei facessero parte del primo o del secondo gruppo di autolesioniste da lei descritti.
Dipende. Ci sono persone che lo fanno sia per moda che per disagio, per tutti e due i motivi. Magari non hanno un disagio tanto grande, però lo fanno incoraggiati dalla moda; come potrebbe essere che lo fanno per moda e invece dicono che è perché hanno un disagio vero. Io ho comunque amiche che ne sono uscite, ed è una cosa bella.
E sì lo so. Anch’io conosco qualcuno che ne è uscito. Ed è una bella sensazione poter contribuire a questo risultato. Ma come ne sono uscite le amiche di Alice?
Psicologo per prima cosa, poi parlandone con i genitori, e con gli amici. Soprattutto comunque con le persone che ti stanno vicino e che ti possono capire; e poi gli psicologi in questi casi comunque sono molto utili.
Wow! Un po’ di gratificazione professionale! Ma il problema principale è proprio quel passaggio dall’esprimere un disagio fisicamente all’esprimerlo a parole. Come ci si arriva?
Spesso anche con la forza. Cioè…Se una persona principalmente si taglia con le lamette, quando tu non gliene fai trovare più per vari giorni, quella dopo un po’ ci fa l’abitudine. Io l’ho visto perché dopo tre, quattro settimane, tante persone non ci pensavano più e quindi hanno smesso. Poi si può parlare con questa persona: amici e genitori dovrebbero fargli capire che facendo così si farà ancora più male, sia dentro che fuori. Perché è sempre brutto vedere una ragazza, per esempio d’estate, in costume, però con tutte le braccia, e spesso anche le gambe, tagliate. Perché poi rimangono le cicatrici, ed è brutto. Se lo capisce una ragazza magari può cominciare a farsi un esame di coscienza, e quindi a capire che forse quello che sta facendo è sbagliato.
Le parole usate da Alice mi fanno pensare a un quadro di dipendenza, e le chiedo se è d’accordo.
Sì, infatti tante persone non ce la fanno a dimenticare, e continuano. Però sì, è una sorta di dipendenza, tipo il fumo o l’alcol, dopo che inizi non smetti più.
A questo punto sposto l’attenzione del discorso sul ruolo dei genitori, sulle risorse e caratteristiche che dovrebbero avere per affrontare al meglio una situazione del genere.
Bisogna solo imparare ad aprire gli occhi, cioè i genitori devono aprire gli occhi, vedere come sono i figli davvero; perché se hanno un malessere comunque i figli tendono sempre a nasconderlo ai genitori. Ne parlano con gli amici, a scuola, però ai genitori non dicono mai niente, e per questo e difficile che se ne accorgano. Quelli che ci riescono sono sicuramente dei bravi genitori, anche se tutti potrebbero accorgersene. Poi se riescono a fargli capire anche che devono smettere di fare certe cose, sono ancora più bravi. Cioè non dico che sono speciali, però ci sanno fare.
Non è una cosa da tutti.
No, perché certe persone scappano da queste situazioni. Ho amiche che hanno i genitori che dopo che hanno scoperto che loro si tagliavano sono scappati dalla situazione. Scappati nel senso che o hanno divorziato, o se ne sono andati di casa; certo non sempre solo per questo problema, anche ovviamente per cose familiari che non so, però il risultato è lo stesso, e non è la cosa giusta, perché così a una ragazza che si taglia insegni solo a scappare dai problemi. Dovresti parargli, fargli capire che quello che sta facendo è sbagliato, e farla ragionare.
Mi sorge una curiosità: esistono dei limiti di età per questo tipo di comportamento? Chiedo ad Alice se ha mai notato qualcosa del genere.
In generale o tra fans?
In generale.
Allora, in generale, l’età va dagli 11-12 anni in su, perché prima siamo bambini, quindi non capiamo ancora certe cose. Però l’età di massima frequenza è 14, 15 e 16 anni; qui c’è una botta, tantissime persone. Poi, andando avanti con l’età, quando cominci ad avere 18 o 19 anni, smetti, perché inizi ad avere delle responsabilità, diventi maggiorenne, potresti prendere la patente, vai all’università, devi cominciare a lavorare, ti trovi un ragazzo, quindi non hai più tempo, proprio non hai più tempo per pensare a queste cose.
Ok. Prima di salutarti Alice ho una domanda provocatoria per te: se gli 1D si dovessero sciogliere, cosa potrebbe succedere?
So che prima o poi accadrà, e so che ci starò male, ma so anche che comunque potrò continuare a seguirli singolarmente grazie alla loro musica e ai social. In generale, beh, credo che sarebbe una tragedia.
Una tragedia che non avverrà quando gli 1D si scioglieranno, ma che è già in atto ora, nel momento in cui si può pensare concretamente e ragionevolmente che essa possa accadere. Bene, grazie mille Alice, per la tua disponibilità, per la tua chiarezza, e per le tue risposte tanto semplici, quanto, proprio per questa semplicità, spesso illuminanti.
* Il nome naturalmente è fittizio.
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