
Di Paolino Francesco Santaniello
L’art. 579 del Codice Penale afferma:
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui , è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso:1) contro una persona minore degli anni diciotto;
2) contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
Come sancito dalla Costituzione e dall’art. 5 del Codice Civile, la vita è un bene indisponibile. Per indisponibilità si intende l’impossibilità per qualsiasi soggetto, capace di intendere e di volere e non, di poter prendere decisioni che possano portare alla propria morte per mano di un altro soggetto. La vita è un bene non sacrificabile ed irrinunciabile.
Da quanto detto, ben si comprende la non tolleranza del legislatore verso l’eutanasia, il quale, attraverso l’art. 579 c.p., punisce chiunque uccida una persona che richiede o acconsenta alla propria morte. Il “chiunque” lascia comprendere che la norma in esame prevede un divieto che si estende ad ogni cittadino. Per cui è un reato improprio, poiché non è necessaria alcuna qualifica soggettiva particolare per essere un potenziale agente del reato.
L’elemento oggettivo del reato è l’evento morte, in qualsiasi modo esso avvenga. Il decesso della vittima accomuna la presente fattispecie con quella dell’omicidio volontario sancita dall’art. 575 c.p. Nonostante la comunanza del fatto di reato, l’art. 579 c.p. prevede un elemento di specialità rispetto all’art. 575 c.p., ossia il consenso.
Il consenso della vittima, infatti, è un elemento tipico dell’art.579, che non solo rileva sul profilo oggettivo (ovvero sulla qualificazione penale del fatto), ma soprattutto qualifica l’elemento psicologico dell’agente. Dalla formulazione della norma, si comprende che quello previsto dall’art.579 c.p. è un reato a dolo generico, per cui basta la mera rappresentazione e volontà della morte della vittima consenziente. Tralasciando la non applicabilità delle aggravanti comuni ex art. 61 c.p., il terzo comma dell’art. 579 c.p. fornisce una serie di indici interpretativi della fattispecie.
Dato che il consenziente non deve essere minorenne, né infermo di mente o affetto da qualsiasi deficit psichico, e che il consenso non deve essere estorto con violenza, si comprende che il consenso che qualifica la fattispecie deve essere libero, cioè fornito da una persona capace concretamente di intendere e di volere, ma soprattutto deve essere esplicito. Qualora, infatti, si ricadesse nelle ipotesi di cui al comma 3, l’agente sarà imputabile di omicidio volontario ex art. 575 c.p. Si precisa che il consenso di cui all’art. 579 c.p. è illecito, cioè non scrimina la fattispecie a causa dell’indisponibilità del bene vita, sicché non si applica la scriminante ex art. 50 c.p. “consenso dell’avente diritto”.
Il consenso quindi è il presupposto che deve oggettivamente e concretamente sussistere al momento del fatto, in quanto deve essere determinante per l’agire doloso ed illecito dell’agente. In termini tecnici il consenso è un elemento oggettivo, che deve rientrare nel “fuoco” del dolo dell’agente. D’altronde appare del tutto ragionevole la differenza sanzionatoria esistente tra l’art. 579 e l’art. 575 c.p., dato che nell’omicidio volontario l’agente è mosso da una volontà a delinquere ben più riprovevole rispetto all’art. 579 c.p.
Qualora, infatti, il consenso non sia concretamente espresso, ma sia semplicemente supposto dall’agente per una sua soggettiva interpretazione dei fatti, si ricadrà nell’ipotesi dell’“errore sul fatto”, di cui all’art. 47 c.p. comma 2. Secondo quest’ultima norma, qualora l’agente cada in errore su un fatto costituente reato, la sua punibilità non è esclusa per un reato diverso.
In conclusione, se un soggetto uccide una persona il cui consenso non è chiaramente e oggettivamente percepito, ma supposto da un’erronea interpretazione dei fatti (o dalle richieste della vittima), non sarà punito a titolo di “omicidio del consenziente” ex art. 579 c.p., bensì per omicidio volontario ex art. 575 c.p. in virtù dell’applicazione dell’art. 49 comma 2 c.p., con una pena ben più severa.
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