E’ un’arma tradizionale delle arti marziali cinesi e giapponesi. È composto da una impugnatura (tsuka) lunga 12 cm. e da un corpo (yoka) di lunghezza variabile dai 50 ai 60 cm. circa. La misura ottimale varia da persona a persona, ma in generale, una volta impugnato, deve sporgere all’incirca di 3 cm. dal gomito. Alcune fonti cinesi fanno derivare questa arma da una spada a uncino che fece la sua comparsa durante l’epoca della dinastia Qin e quella della dinastia Han. Per il dottor Yang Jwing-Ming, essa non è altro che l’evoluzione di una stampella.
Per la tradizione del Kobudo, come avviene per la maggior parte delle armi che utilizza, il tonfa era in origine uno strumento agricolo, la manovella per azionare la macina del mulino, che i contadini impararono ad utilizzare per combattere dopo l’emanazione del decreto che proibiva il possesso di armi. Questo poteva essere facilmente estratto dalla macina e utilizzato per difendersi dai colpi, impugnandolo con la parte lunga del corpo (yoka) a protezione dell’avambraccio.
I colpi erano portati con la parte corta del corpo (in affondo), con la parte terminale opposta (yoko nage) o imprimendo una rotazione all’arma con un movimento secco del polso. Il tonfa è da ritenersi un’arma a tutti gli effetti in quanto, se utilizzato senza l’adeguato addestramento e l’utilizzo di tecniche ad hoc, può infierire gravissime lesioni, quali traumi o ossa fratturate.
Grazie alla sua versatilità, il tonfa è oggi entrato a far parte della dotazione di alcune forze di polizia: Stati Uniti d’America, Canada, Germania e Svizzera. In Italia, viene utilizzato dalla CIO dell’Arma dei Carabinieri e ne ha fatto uso il VII Nucleo Sperimentale Antisommossa durante gli scontri del G8 di Genova, in particolare nell’irruzione della scuola Diaz.
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