Di Cristina Casella
Siamo a Marcheno, in provincia di Brescia. Lo scenario è quello di una fiorente azienda metallurgica a conduzione familiare, la fonderia Bozzoli. Una piccola realtà, ma non di certo nei numeri: 40 milioni di euro il suo fatturato annuo.
È la sera dell’otto ottobre quando Mario Bozzoli, proprietario della ditta assieme al fratello Adelio, scompare improvvisamente. Un’ultima telefonata alla moglie – verso le 19:30 – per avvisarla che sta rientrando a casa dopo una giornata di lavoro. Soltanto tre i chilometri che separano la fabbrica dall’abitazione. Bozzoli, però, sparisce nel nulla, inghiottito dalle nebbie nere della Valtrompia. Saluta i suoi dipendenti per poi raggiungere gli spogliatoi e cambiarsi gli abiti.
A casa la cena è già in tavola. Le ore passano, senza che l’uomo faccia ritorno. La moglie, allarmata, lo chiama insistentemente sul cellulare. Nessuna risposta. Attorno alla mezzanotte, il figlio di Bozzoli decide di recarsi in azienda per cercare il padre. Anche lì il nulla più totale. Viene allertato Adelio, fratello e socio dell’imprenditore, che in quel momento si trova nella sua villa. Poco dopo, la decisione di presentare denuncia ai Carabinieri.
Trascorre un’intera notte e i dubbi sulla scomparsa di Mario Bozzoli si moltiplicano. Malore? Sequestro? Oppure un incidente? La sua macchina è parcheggiata sotto gli uffici dell’azienda, mentre i vestiti – quelli che doveva indossare prima di tornare a casa – sono ancora nell’armadietto dello spogliatoio.
Tutto fa pensare che l’uomo da lì non sia mai uscito. Partono le ricerche. Si scandaglia dappertutto, per poi tornare al punto di partenza: la fonderia. Questa imponente struttura di tremila metri quadri ha tre forni, di cui due funzionanti. Al loro interno, sfiorando temperature prossime ai 1000 gradi, fondono metalli di ogni tipo. L’attività della fabbrica è in espansione, gli affari vanno più che bene. Non ci sono motivi, dunque, a supportare la tesi di un allontanamento volontario. Bozzoli ha una moglie che ama da sempre, due figli ed un lavoro fruttuoso.
Cosa può essere successo?
La fonderia dei fratelli Bozzoli conta quindici dipendenti. Quattro quelli presenti in azienda, la sera della misteriosa sparizione. Ed è qui che nasce un giallo nel giallo. Tra quegli operai c’è anche Giuseppe Ghirardini, scomparso a distanza di sei giorni dal suo datore di lavoro. Una semplice casualità? Improbabile, dato che l’uomo verrà ritrovato cadavere nei boschi il 18 ottobre.
Come si colloca, dunque, la morte di Ghirardini in questa storia?
Sappiamo che l’operario era stato interrogato dagli inquirenti. La sera dell’otto ottobre, aveva visto Bozzoli dirigersi verso gli spogliatoi. Dal suo racconto, però, non era emerso nulla di strano o anomalo. Gli investigatori volevano sentirlo una seconda volta, ma non è stato possibile. L’uomo, infatti, sparisce incomprensibilmente. Lo cercano ovunque, per poi ritrovarlo morto a quota mille e 800 metri, tra i monti di Ponte di Legno. Addosso un impermeabile leggero, poco adatto alle basse temperature di quei luoghi. Sul corpo nessuna ferita. Si cerca incessantemente il cellulare di Ghirardini, in tutta l’area attorno al cadavere. Operazione conclusasi senza successo. Chi indaga è convinto che il telefono dell’uomo possa racchiudere la chiave di questo misterioso delitto. Sì, perché ciò che di primo acchito potrebbe apparire come un suicidio o una morte naturale, in realtà nasconderebbe tutt’altra causa.
A questo punto è lecito porsi una domanda: chi era Giuseppe Ghirardini?
50 anni, addetto ai forni della fonderia Bozzoli. Separato dalla moglie brasiliana e padre di un figlio che sente tutti i giorni telefonicamente. Beppe (così lo chiamano gli amici) è un appassionato di caccia. L’ultima battuta risale a qualche giorno prima della sua scomparsa. La famiglia lo descrive come un uomo sereno, non si sarebbe di certo suicidato. Sarà l’autopsia a confermare tale convinzione. Ghirardini è stato avvelenato. Nel suo stomaco, viene ritrovato un oggetto dalle dimensioni di 4cmx2cm. Inizialmente si era pensato ad una bacca. Poi si scoprirà che quel “contenitore” racchiudeva cianuro. Possibile che l’operaio cinquantenne abbia deciso di togliersi la vita ingerendo del veleno? E come? La trachea umana è larga solo 2 centimetri, di conseguenza la deglutizione di quella capsula sarebbe stata altamente difficoltosa. E se Ghirardini, invece, avesse visto qualcosa la sera della sparizione di Bozzoli? Nelle ultime ore si è aggiunto un ulteriore dettaglio, davvero inquietante. L’ex moglie dell’operaio, nei giorni successivi alla scomparsa, ha provato più volte a contattare l’uomo tramite il servizio di messaggistica istantanea Whatsapp. Ghirardini era già sparito da diversi giorni, ma i messaggi inviati sul suo numero cellulare risultano letti. È stato lui a prenderne visione poiché ancora in vita o qualcun altro dopo la sua morte? Mistero nel mistero. Ad oggi, del suo telefono, neppure l’ombra.
L’avvocato della famiglia Bozzoli ha deciso di porre sotto sequestro la fabbrica, imponendo lo spegnimento degli altiforni. Una mossa, questa, volta a congelare la probabile scena del crimine. Il sospetto è che l’imprenditore bresciano sia stato gettato proprio in quelle trappole di fuoco. La sera della sua scomparsa, tra l’altro, alcuni operai hanno visto sprigionarsi nell’aria una fumata del tutto anomala. A contatto con quelle temperature un corpo umano diventa immediatamente vapore acqueo. È per tale motivo che non sarà affatto facile rinvenire eventuali tracce biologiche di Mario Bozzoli. L’unica flebile speranza si lega alla possibilità di ritrovare frammenti di titanio tra le scorie degli altiforni. Le protesi dentali che l’uomo portava, infatti, erano costituite interamente da quel materiale, il cui punto di fusione si aggira attorno ai 1668 C°. Una temperatura, questa, nettamente superiore a quella delle attività della fonderia.
La perizia redatta dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo ha escluso che Bozzoli sia stato gettato all’interno dei forni del suo impianto. Dopo aver analizzato tonnellate di polveri e scorie alla ricerca della minima traccia di un frammento umano, la conclusione a cui giungono gli inquirenti è la seguente: l’uomo è stato ucciso negli spogliatoi della fabbrica. Il corpo sarebbe stato trasferito fuori dagli stabilimenti la sera stessa dell’omicidio.
Le indagini su questa intricata vicenda sono ufficialmente chiuse. Sui nipoti dell’imprenditore 50enne pesa l’accusa di omicidio e molto probabilmente andranno a processo.
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