
Sono trascorsi ormai 14 anni dalla morte di Romina Del Gaudio, la giovane promoter napoletana ritrovata cadavere in un bosco tra i comuni di San Tammaro e San Cipriano d’Aversa. Questa triste storia, inizialmente, sembrava aprirsi come uno dei tanti casi di scomparsa. Il tempo, però, non ha tardato a svelarne l’inaspettato epilogo.
Romina è una bella ragazza di 19 anni. Vive a Napoli, con sua madre. Il papà non lo vede tanto spesso, poiché emigrato in Germania da ormai molti anni. Nonostante la giovane età, la ragazza si è data da fare ed ha trovato lavoro come promoter: vende contratti telefonici porta a porta per una delle più grandi aziende italiane di telecomunicazioni.
La mattina del 4 giugno 2004 doveva essere una giornata lavorativa come tante altre. Romina ha un appuntamento con i suoi colleghi. La meta è Aversa. Giunti sul posto, ognuno si incammina verso una specifica zona della città, decisa – come consuetudine – in via preventiva. Il gruppo dovrà ritrovarsi attorno alle 14 per consumare la pausa pranzo.
Romina, però, non si presenta. I colleghi la chiamano sul cellulare, ma squilla a vuoto. Probabilmente la ragazza si è intrattenuta più a lungo con qualche cliente, circostanza avvenuta diverse volte in passato. Nulla di preoccupante. Quando però alla fine del turno lavorativo, più o meno verso le 18.00, Romina non arriva in stazione, dove i suoi colleghi la stanno aspettando per il rientro a Napoli, tutti si preoccupano e scatta l’allarme.
La giovane promoter è sparita. Partono immediatamente le ricerche. Tutta la zona dell’agro-aversano viene scandagliata in maniera approfondita. Di Romina Del Gaudio, però, non c’è nessuna traccia. E manca anche un’ipotesi investigativa. L’unica logica supposizione sembra essere quella di un’aggressione subita nei pressi di un campo nomadi, non lontano dalla zona di lavoro dove la ragazza si trovava quel giorno. Non ci sono elementi, però, a supporto di tale tesi.
Tutto tace. Il silenzio che avvolge questa misteriosa scomparsa verrà spezzato solo da una telefonata anonima giunta al centralino dei Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere. Così, a distanza di 47 giorni dalla mattina della sparizione, i militari vengono spinti a setacciare il boschetto di Carditello, nel casertano. La zona è incolta e totalmente abbandonata. Ed è proprio lì, in mezzo a tanta trasandatezza, che vengono ritrovati alcuni indumenti ed effetti personali. L’abbigliamento sembra corrispondere a quello indossato da Romina il giorno della scomparsa. In terra c’è anche il suo tesserino ed un pacchetto di sigarette. La scoperta più macabra, purtroppo, si trova poco più accanto. Tra gli arbusti, infatti, c’è quanto rimane del corpo della giovane. O almeno di quello che si presume lo sia.
I risultati dell’esame del DNA arriveranno a settembre, due mesi più tardi. L’esito è inconfutabile: quei resti appartengono a Romina Del Gaudio. La perizia medico legale rivela che la ragazza ha subito un tentativo di violenza sessuale, per poi essere raggiunta da diversi fendenti alla schiena ed infine uccisa con due colpi di pistola alla testa. Una fine orribile, ma che nelle sue modalità esecutive manifesta un certo legame tra vittima e offender.
Chi può essere l’artefice di tanta ferocia?
Le indagini partono immediatamente. La vita della giovane e bella Romina viene scandagliata a fondo, senza che emerga alcun lato oscuro o verità nascosta. Ci si concentra anche sul padre, da anni residente in Germania, poiché testimone in un importante processo penale. Una vendetta trasversale nei suoi confronti, forse, ma tutto sembra vacillare inesorabilmente. Non ci sono elementi che riescano a spiegare quanto accaduto alla 19enne napoletana.
La madre, Grazia Gallo, preda del dolore più atroce, è convinta che quel corpo non sia della figlia. Quando nel 2011 viene riesumata la salma al fine di ripetere per una seconda volta l’esame del DNA, i risultati ne ribadiscono l’appartenenza: Romina Del Gaudio è stata uccisa ed è suo il cadavere ritrovato nel boschetto di Carditello. Neanche allora la povera madre riesce a convincersi.
Romina è viva e tornerà a casa, io vivo in funzione del suo ritorno”, afferma straziata la donna.
Gli inquirenti continuano a lavorare, sicuri di essere riusciti ad approdare a qualcosa. Vengono indagate tre persone, tra cui un vicino di casa della giovane, Luciano Agnino, innamorato di lei ma non ricambiato. L’uomo, che si è sempre difeso da ogni accusa, non ha un alibi per la mattina di quel 4 giugno. Ed è così che chiede aiuto ad un amico, Fabio Fiore, cercando copertura. Entrambi finiscono nel registro degli indagati, ma gli esiti degli accertamenti – come la perquisizione delle automobili e delle abitazioni dei due uomini – non rilevano tracce riconducibili a Romina.
La Procura, per ben tre volte, decide di archiviare il caso. Il GIP ha rigettato tali richieste, ordinando nuovi accertamenti. Lo scorso ottobre è stata presentata una quarta richiesta di archiviazione, ma anche questa volta spetterà al giudice decidere se vi siano le basi per nuovi spunti investigativi.
A distanza di oltre un decennio, il delitto continua a rimanere irrisolto.
Chi è il mostro che ha ucciso Romina? E perché lo ha fatto?
La signora Gallo è venuta a mancare nel 2014. Il tempo non le ha concesso di conoscere la verità sul terribile destino toccato alla figlia.
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