
Di Ana Demian
Bucarest, tutto ha inizio tra l’8 e il 12 luglio 1977. In diversi luoghi della capitale rumena vengono trovati dei pacchi contenenti i resti del corpo di una donna. La vittima viene presto identificata come Anca Rodica Broscotean, 19 anni, di Sibiu. Era scomparsa il 6 luglio, verso le ore 14.00, nel tragitto che da casa della zia porta all’Accademia di Studi Economici.
Un pacco viene trovato nel parco Herastrau, un altro in una via principale della città, la testa viene trovata nel sottopassaggio della Piazza dell’Università. L’autopsia viene disposta immediatamente: la vittima è stata stuprata e uccisa per strangolamento e soffocamento. L’omicida le ha coperto il viso mentre la strangolava. È morta tra le 15.00 e le 16.00 del giorno della sparizione, chi ha agito lo ha fatto in pochissimo tempo e senza alcuna esitazione.
La cosa strana è che la donna aveva un tasso di 0,5 di alcol nel sangue. Come ha fatto a uscire di casa, farsi avvicinare, bere qualcosa, essere stuprata e poi uccisa in così poco tempo? La polizia è sicura che la vittima conoscesse il suo assassino, così gli agenti cercano tra gli effetti personali e in un’agenda trovano un numero di telefono. É quello di un giovane tassista di 25 anni, che Anca ha incontrato nel luglio del 1976. Quella sera l’uomo avrebbe tentato un approccio sessuale ma, al rifiuto di lei, le avrebbe rubato una collana d’oro per poi rivenderla. Da quel momento fino al maggio del 1977, la vittima e il tassista si sono parlati al telefono molte volte perché lei rivoleva la collana. Il tassista ha precedenti per furto e approcci sessuali indesiderati.
Il 21 luglio 1977 la polizia arresta il tassista Gheorghe Samoilescu per il furto della collana di Anca e solo in un secondo momento gli vengono contestati l’omicidio e la distruzione di cadavere. Le indagini per le ultime due accuse si sono svolte dal novembre del 1977 fino al rinvio a giudizio, avvenuto il 20 giugno 1978. Nella prima udienza viene cambiato il capo di imputazione da omicidio a omicidio aggravato dalla crudeltà, oltre alla distruzione di cadavere.
Il caso è molto controverso: il più grande criminalista romeno, il commissario Ceacanica, e il capo della Milizia della Capitale, Corneliu Diamandescu, sono convinti dell’innocenza dell’uomo. Avere intrattenuto una relazione precedente con la vittima non indica necessariamente che sia lui l’omicida. Al contrario la Procura generale e gli inquirenti sono convinti della sua colpevolezza: il caso caso è seguito da due generali maggiori, un pubblico ministero aggiunto e un pm della Procura generale. Bisogna trovare subito il colpevole, sbattere il mostro in prima pagina. Non è accettabile avere a piede libero un assassino del genere durante il regime comunista, questi sono fatti da mondo occidentale, dove degrado e consumismo la fanno da padroni.

La ricostruzione degli investigatori è la seguente: Gheorghe e Anca si sarebbero incontrati verso le 17.00, probabilmente dietro la promessa di restituirle la collana. L’uomo l’avrebbe portata a casa dei genitori, sapendo che il padre era in ospedale e la madre insieme a lui. Lì le avrebbe offerto da bere, per poi violentarla e infine ucciderla. La madre di Samoilescu, tornata a casa verso le 19.30, vedendo la scena, lo avrebbe aiutato a smembrarla e disperdere le parti del corpo in vari luoghi della capitale.
Secondo la Procura, gli elementi di prova sono:
- la relazione esistente tra vittima e omicida;
- il liquido seminale era di un uomo con gruppo sanguigno A, lo stesso di Gheorghe;
- nel bagno di casa Samoilescu c’erano delle tracce di sangue del gruppo 0, come quello della vittima;
- il 22 luglio 1977 i genitori dell’accusato si sarebbero suicidati per la paura di essere condannati per aver aiutato il figlio;
- Gheorghe sostiene di essere andato il 6 luglio, insieme a moglie e figlia, a far visita ad un’amica di famiglia che però non ha mai confermato l’alibi dell’imputato;
- due borse e un paio di pantaloni che avvolgevano alcune parti del corpo si ritiene fossero dei genitori di Gheorghe, così come una chiave trovata in una delle borse;
- la condotta sessuale dell’accusato che, essendo aberrante e deviata, porta a concludere che sia proprio lui l’aggressore sessuale e l’omicida.
All’inizio del processo Samoilescu si dichiara assolutamente innocente, poi cambia versione dicendo di essersi incontrato con la vittima e di averla portata a casa dei genitori per avere rapporti sessuali. Lì la madre e la moglie lo avrebbero scoperto con la giovane. La seconda avrebbe colpito Anca, la quale, cadendo, avrebbe sbattuto forte la testa. A quel punto l’uomo sarebbe scappato, lasciando moglie e madre a gestire la cosa. In seguito tale versione viene ritrattata per proclamarsi di nuovo innocente.
Il 30 settembre 1978, Gheorghe viene dichiarato colpevole e condannato a 20 anni per omicidio aggravato dalla crudeltà, 5 anni per stupro, 3 anni per furto e 3 anni per distruzione di cadavere. Il totale della pena è comunque di 20 anni, perciò la Corte lo condanna, in via eccezionale, ad ulteriori 5 anni di carcere per un totale di 25. L’uomo lotta per ottenere la la revisione della sentenza, ma a nulla serve il suo urlo di innocenza. Per tutti, è lui il colpevole.
La famiglia Samoilescu ne risente pesantemente: i genitori dell’uomo si tolgono la vita. La moglie viene arrestata e la suocera muore di infarto. I figli vengono mandati in orfanotrofio, condannati a vivere per il resto dei loro giorni con lo stigma di essere gli eredi di uno degli assassini più crudeli degli ultimi anni.
La situazione cambia quando il 27 novembre 1980 la polizia interviene dopo una soffiata su un appartamento in un palazzo del centro. L’informatore è un alcolizzato senza fissa dimora, ma giura che in quella casa un ragazzo gli avrebbe mostrato cose raccapriccianti, tra cui il dito di una donna che teneva nel frigorifero. Gli agenti fanno irruzione nell’abitazione in uso a Romca Cozmici, 25enne lavoratore non specializzato, che ha diverse condanne per furto e tentativi di passare la frontiera illegalmente. Il giovane afferma di essere un artista e scultore.
La scena è degna dei migliori film dell’orrore, l’odore della decomposizione è fortissimo. La testa di una donna, coperta da gesso, è in bella vista. Ci sono fili appesi al soffitto, decorati con qualcosa di strano: solo quando si avvicinano, i poliziotti si rendono conto che si tratta di dita umane tagliate a rondelle. Sul balcone ci sono diverse ossa ad “asciugare”, in frigo pezzi di cadavere avvolti in vestiti, borse e altro. C’è anche un tritacarne sporco di sangue ormai secco. La vittima viene identificata in poco tempo: si tratta di Marcela Mihai, 28 anni, operaia in una fabbrica e scomparsa il 23 aprile 1980.
Il procedimento non è troppo impegnativo, le prove a carico di Romca Cozmici sono tante:
- le sue impronte sono su diverse confezioni contenenti le parti del corpo di Anca;
- per impacchettare i resti sono stati usati anche due maglie da donna e un paio di pantaloni da uomo, oggetti mancanti da casa sua;
- la chiave, trovata nella borsa in cui c’era una parte del corpo di Anca, è quella della porta d’ingresso della casa di Romca.
- l’orologio della vittima, recante la foto del fidanzato, viene trovato indosso a Gabriela Cozmici, la moglie dell’imputato;
- i gioielli assai particolari della donna uccisa erano stati rivenduti da Romca;
- le scarpe indossate da Anca al momento della scomparsa, secondo molti testimoni, erano state indossate da Gheorghe varie volte.
Cozmici confessa senza alcun problema i due omicidi e ne spiega anche il motivo: l’assassinio di Anca era stato una dedica al padre, Eftimie. Quest’ultimo, nato il 10 luglio 1911 e appartenente al partito comunista, dopo una breve condanna scontata tra il 1941 ed il 1943, riscuote molto successo nel partito di Ceausescu. Dopo una rapida sequenza di ruoli di potere, nel luglio del 1951 diventa il comandante del campo di lavoro sul canale Danubio-Mar Nero, acquistando potere di vita e di morte sui detenuti: le stime parlano di 656 omicidi, ma ad oggi il numero preciso non è ancora noto.
Romca voleva rendere il padre fiero di lui, portare avanti la sua opera, punendo e uccidendo delle persone così come aveva fatto il genitore. Il killer sceglie il mese di luglio per uccidere, al fine di commemorare il compleanno ed il ruolo ottenuto da suo padre. Alla fine Cozmici viene condannato a morte e giustiziato nel 1982, mentre Samoilescu viene rilasciato il 23 gennaio 1981 con una sospensione della pena.
Ma cosa è successo davvero?
La verità è stata appurata solo dopo la caduta del Comunismo in Romania (1989), ci sono voluti anni per far ammettere agli ex membri della Milizia romena di aver torturato sia Gheorghe che la moglie per farli confessare. La Procura aveva interrogato vicini, colleghi e amici dei due, facendo pressioni e spiegando i dettagli dell’omicidio. Le fotografie delle borse e dei pantaloni sono state fatte vedere più e più volte, con la dicitura “corpo del delitto”, prima di farli comparire in tribunale per il riconoscimento. 250 persone sono state chiamate a testimoniare sugli oggetti, 200 hanno dichiarato di non averli mai visti e altri non ricordavano. 246 testimonianze sono state inserite nella cartella “Non importanti” e a processo sono stati portati solo 4 testimoni.
La moglie è stata spinta a confessare, accusando il marito, con la promessa che sarebbe stata ritenuta estranea ai fatti. Le famose condotte sessuali devianti furono inventate da circa 20 donne che, riascoltate successivamente, parlarono di un uomo bugiardo e timoroso nell’approcciare l’altro sesso e nell’avere rapporti intimi. Si scopre che le famose gocce di sangue, trovate in bagno durante il secondo sopralluogo, erano state appositamente messe dalla polizia per incastrare Samoilescu. La famiglia dell’uomo, distrutta dalla vicenda, ha fatto causa allo Stato, ottenendo nel 2014 un risarcimento equivalente a 10.000 euro.
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