Di Nunzia Procida
Avete presente quando qualcuno vi dice di “metterci una pietra sopra”, suggerendovi così di chiudere definitivamente una questione? Non sempre ci riusciamo, è vero; ma è anche vero che qualche volta qualcuno prende un po’ troppo alla lettera l’invito e la pietra diviene ben presto una lapide.
E’ proprio così che risolve un po’ di problemi la giovane Rosie Jones (Emilia Fox) che, incinta, viaggia in treno con un baule che contiene i corpi fatti a pezzi di suo marito e della sua amante. È l’inizio di “La famiglia omicidi” (Niall Johnson, 2005) e dei primi assassinii, che prendono il via oltre quarant’anni dopo, all’uscita di Rosie dal manicomio criminale dove era stata internata.
Anziana, Rosie si propone come governante alla famiglia del reverendo Walter Goodfellow (Rowan Atkinson) presentandosi col nome di Grazia Hawkins (Maggie Smith). Qui risolve in maniera – manco a dirlo – drastica e definitiva i problemi di ciascuno: manomette i freni delle biciclette dei ragazzini che bullizzano Petey, il piccolo di casa; uccide Clarence, il cane del vicino che non permette a Gloria (Kristin Scott Thomas), la signora Goodfellow, di dormire e poi lo stesso vicino poiché ne ha scoperto il cadavere; quindi Lance (Patrick Swayze), il maestro di golf per il quale Gloria sta progettando di lasciare il marito, quando una sera lo sorprende a spiare e registrare con una videocamera la ninfomane figlia adolescente, Holly (Tamsin Egerton), mentre si spoglia per indossare il pigiama.
Alla luce di questi fatti, la pluriomicida sembra essere una, ma il titolo del film suggerisce che ad ammazzare sia più di una persona e, per di più, legata a un’altra per vincolo di sangue.
Di chi si tratta? Ma di Gloria! Sì, perché Gloria – in realtà – è la figlia di Grazia, che l’aveva lasciata in un orfanotrofio dopo la nascita. Scoperta la vera identità della donna e di non essere (più!) orfana, Gloria prova a convincere sua madre che non si possono risolvere i problemi uccidendo; ma Grazia resta sulle sue posizioni. Anzi, indirettamente, influenzerà la figlia quando si ritroverà a risolvere il problema con i due tecnici che volevano drenare lo stagno fuori casa, che custodisce i corpi delle vittime di Grazia.
Dunque, uccidere è ereditario? Esiste un gene criminale che si trasmette di generazione in generazione?
L’ipotesi di un’eventuale correlazione fra eredità genetica e delitto, a fronte dei risultati emersi dai numerosi studi condotti sulle famiglie criminali, è da scartare: non c’è una diretta relazione fra eredità genetica e delinquenza, poiché queste sono due entità tra di loro non confrontabili ed è difficile stabilire nei singoli comportamenti criminali quanto dipenda da fattori ereditari e quanto sia dovuto, invece, all’ambiente. Inoltre, anche gli studi sul rapporto tra infermità mentale ereditaria e criminalità non hanno rilevato una trasmissione ereditaria della criminalità poiché la percentuale di malati di mente nelle famiglie criminali è la stessa della media generale.
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