
(…) Siamo attorniati da persone che se ne vanno. Nessuna, nemmeno una, si è mai data pena di ritornare a spiegarci che cosa si incontra quando si abbandona definitivamente questa terra, odiata perché faticosa ma anche amata perché sa di vita appunto e non di morte. (…) Il tempo presente ha dimenticato la morte o meglio finge di dimenticarla. La nasconde. La riduce a spettacolo. Riportarla in televisione o al cinema significa rimuoverla, tentare di scordarne il volto tragico, quello che più coinvolge ciascuno di noi. Farne un oggetto per il tempo libero, legarla a personaggi inesistenti o comunque diversi da noi. Insomma, alla morte esistenziale abbiamo sostituito quella spettacolo e l’abbiamo rivestita di caratteristiche meno tragiche per nascondere la tragicità che può cambiare ogni senso. (…) La morte “vera”, la nostra morte, è invece un tabù e fa scattare gesti scaramantici o liturgie magiche che manifestano la paura e la sua insostenibilità: del resto, una civiltà fondata sul successo e sul valore dei soldi non può in alcun modo coesistere con la morte, con il memento mori. Questo sottrarrebbe forza all’azione, all’eroismo degli affari che necessita di un’ubriacatura dell’esserci come se ci fossimo per sempre.
Vittorino Andreoli (Il lato oscuro, BUR)
Grande Vittorino!!!!