
A cura di Gianfrancesco Coppo
Fabrizio Peronaci, laureato in Scienze politiche all’università “La Sapienza” , è giornalista professionista e scrittore. Dal 1992 lavora come caposervizio al Corriere della Sera (sede di Roma) occupandosi di inchieste e multimedialità. Ha seguito, prima da cronista di nera e poi da responsabile del settore, i principali gialli ambientati nella capitale. É convinto che l’informazione libera e coraggiosa sia pilastro essenziale di una democrazia. Nelle sue indagini predilige le fonti dirette rispetto a quelle istituzionali. Il crimine del secolo (Fandango, 2021) è il suo ultimo libro, dedicato all’attentato al Papa e ai casi collegati, a partire dalla scomparsa di Emanuela Orlandi. In precedenza ha pubblicato Mia sorella Emanuela (con Pietro Orlandi, 2011), Il ganglio (2014, Fandango Libri), La tentazione (2017), Il figlio della colpa (2018) e Morte di un detective a Ostiense e altri delitti (2019). Ha creato un gruppo Facebook di giornalismo investigativo dedicato ai cold case e misteri di Stato.
Il 13 Maggio 1981 segna un punto di non ritorno nella storia contemporanea. Il tentato omicidio di Karol Wojtyla, per mano dell’estremista di destra Ali Agca, ancora oggi scuote l’opinione pubblica. Ma chi armò realmente la mano del terrorista turco? Dagli spari in piazza San Pietro nulla sarà più come prima, soprattutto per le famiglie e gli amici di Emanuela Orlandi, Paola Diener, Josè Garramon, Katy Skerl, Mirella Gregori, Alessia Rosati. Delitti e sequestri mai risolti, insabbiati. Un torbido intrigo che l’autore si incarica di sciogliere, supportato da nuove rivelazioni, ricerche, e colpi di scena.
Quando e come nasce “Il Crimine del Secolo”?
Si tratta di un libro che chiude un decennio di impegno e passione civile, applicati al giornalismo investigativo. “Il crimine del secolo” nasce da tempi lontani, quando giovanissimo, poco più che ventenne, cominciai a lavorare come cronista prima al Messaggero e subito dopo al Corriere della Sera. La storia di Emanuela Orlandi rappresentava l’evento più oscuro delle cronache del dopoguerra. Scavando e acquisendo testimonianze e documenti, nel corso degli ultimi tre decenni ho maturato la convinzione che la scomparsa fosse figlia del clima di quegli anni, dominati dai sequestri di persona, dal terrorismo e da atti temerari da inquadrare nella Guerra Fredda, come l’attentato al Papa del 13 maggio 1981. “Il crimine del secolo”, terzo libro della serie cominciata con il primo scritto insieme con Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e con il successivo, “Il Ganglio”, basato sul memoriale del reo confesso, nasce quindi da una curiosità civile e insieme giornalistica, dal desiderio di contribuire a fare luce su pagine oscure della nostra storia, soprattutto a beneficio delle famiglie coinvolte, e non da ultimo dall’intento di onorare il mio mestiere, troppo spesso umiliato da colleghi che si prestano a un lavoro subalterno, al servizio dei potentati di turno, piuttosto che dei lettori.
Molti dei casi presenti nel libro sono già stati ampiamente trattati nel corso degli anni, perché un lettore dovrebbe leggere “Il Crimine del Secolo”?
Un lettore ne “Il crimine del secolo” trova una ricostruzione completa, mai compiuta in passato, di tutte le connessioni tra l’attentato di Ali Agca contro Karol Wojtyla, che rappresentò una svolta nel conflitto Est-Ovest e pose i presupposti del crollo del muro di Berlino, e le vicende successive, che ho definito tragici effetti collaterali. Parliamo dei sequestri di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, già collegate giudiziariamente al crimine di piazza San Pietro in quanto fin dall’inizio i rapitori chiesero lo scambio tra il turco e le quindicenni, ma anche di altri casi di giovani morti o uccisi in circostanze mai chiarite.
Quale caso, tra quelli raccontati nel libro, l’ha più colpita?
Sicuramente parlando delle scomparse Orlandi-Gregori colpisce la straordinaria tenacia delle famiglie nel chiedere verità e giustizia dopo tanti anni. In tempi recenti è emerso un uomo, Marco Accetti, che ha sicuramente avuto un ruolo in entrambi i rapimenti, e mi ha colpito la capacità del sistema politico, giudiziario e mediatico di depistare da una verità eclatante: per la prima volta avevamo tra le mani uno dei sequestratori, colui che ha consegnato il flauto della Orlandi riconosciuto dalla famiglia e dato prova, con la sua voce, di essere stato uno dei telefonisti, ma si è preferito lasciarlo andare perché le verità che raccontava erano troppo scomode. Detto questo, mi hanno colpito molto anche i casi funesti di Paola Diener, figlia di un personaggio importante come il capo dell’archivio segreto Vaticano, e di Katy Skerl, per la quale siamo di fronte a uno scenario da incubo: la tomba della ragazza al cimitero Verano potrebbe essere vuota, ma nessuno si assume la responsabilità di spostare la lapide e controllare se dentro c’è la bara, oppure se è stata rubata, ancora una volta per evitare verità spiacevoli.
Ha avuto modo di rapportarsi con gli inquirenti che hanno seguito i casi e con i parenti delle vittime? Ha trovato più collaborazione o porte chiuse?
Conosco naturalmente molti inquirenti. Ne “Il crimine del secolo” un filo rosso ce lo consegna colui che definisco “l’amico investigatore“, il quale è convinto che dietro l’azione di Agca a San Pietro ci fossero i servizi dell’Est, gli stessi implicati nelle scomparse di Emanuela e Mirella. Un altro inquirente presente nel mio libro è un giudice esperto e rigoroso come Ilario Martella, che si trovò nelle condizioni di indagare sia sull’attentato al Papa sia sulle vicende Orlandi-Gregori: è quindi la persona più qualificata per dire cosa accadde, e non a caso gli ho dedicato grande spazio. Un capitolo del libro non a caso ha questo titolo: un giudice coraggioso.
Crede davvero che i protagonisti del libro, tra i quali spicca Emanuela Orlandi, riusciranno finalmente ad avere giustizia?
Il tempo trascorso, quasi certamente, impedirà di vedere in galera i responsabili del rapimento, anche perché, come ho già detto, uno di questi è emerso negli ultimi anni, ma si è preferito scagionarlo e non fare i conti con le verità scomode che avrebbe portato alla luce. Quanto invece a una verità definitiva dal punto di vista storico, sono ottimista: fatti e connessioni raccontati ne “Il crimine del secolo”, per la prima volta, danno chiaramente conto del movente, del contesto storico e dei soggetti implicati nel duplice rapimento, alcuni dei quali, in tonaca e non, forse sono sono neanche estranei all’evento primario, l’attentato al pontefice.
Nei suoi scritti racconta di delitti irrisolti e misteri italiani in cui sono coinvolti potenti uomini del mondo criminale, politico ed ecclesiastico, non ha paura che trattare certi argomenti possa esporla a pericolose ritorsioni?
Problemi ne ho avuti, in varie fasi e in certi momenti davvero preoccupanti: quando le mie figlie erano piccole, qualcuno mi tormentava ogni notte telefonando ogni mezz’ora; ho ben presente cosa significhi avere un telefonino sotto controllo; qualche anno fa, ho trovato la macchina danneggiata tre volte consecutive nel giro di due mesi. Mi è capitato di parlarne con un collega e autore valoroso come Paolo Cucchiarelli, e abbiamo la stessa opinione: l’unico modo per difendersi da intimidazioni e ritorsioni è lavorare alla luce del sole, proteggersi con la trasparenza, raccontando passo passo ai lettori gli sviluppi delle proprie indagini giornalistiche, cosa che io faccio sia sul Corriere della Sera sia nel gruppo Facebook da me fondato alcuni anni fa, dal titolo “Giornalismo investigativo by Fabrizio Peronaci”.
Ha scritto diversi testi, c’è un aspetto che li accomuna?
“Il crimine del secolo” è il sesto libro che mando alle stampe. Diciamo che un filo rosso per tutti è rappresentato dall’obiettivo di svelare verità sussurrate da molti, ma tenute occultate in virtù di un modo distorto di interpretare la ragione di Stato. Mi è capitato così di occuparmi con una certa frequenza di storie irrisolte che riguardano ambienti religiosi, dove a fianco al sincero moto religioso che anima milioni di persone convive la tendenza di coloro che hanno in mano le leve del potere temporale della Chiesa a mettere la sordina su condotte immorali se non illecite.
L’essere un esperto giornalista investigativo quanto l’ha aiutata nella redazione dei suoi libri?
Un buon giornalista investigativo deve innanzitutto sapere una cosa: il suo lavoro è faticoso. Occorre raccogliere molti più elementi di quelli che poi verranno pubblicati, per dare vita a un’indagine seria e fondata su basi solide. Mi viene in mente la regola che a suo tempo espresse con straordinaria efficacia il grande Hemingway, quando disse che per scrivere un buon romanzo occorre soddisfare la legge dell’iceberg, secondo la quale sette ottavi di ciò che conosci restano sommersi e solo un ottavo emerge, viene pubblicato. Ciò significa che, ad esempio riferendomi a “Il crimine del secolo”, le 350 pagine del libro corrispondono a un lavoro otto volte superiore, pari a oltre duemila pagine, di approfondimento, disamina delle questioni affrontate, ricerca di chiavi di lettura. In questo senso, l’esperienza da cronista che si misura tutti i giorni con i fatti della vita e investigazioni complesse è stata per me fondamentale.
Quale reazione si augura di provocare nei suoi lettori?
Spero che i lettori apprezzino lo scavo investigativo del libro e le nuove chiavi interpretative, che davvero a mio avviso consentono per la prima volta dopo quarant’anni di decrittare sia la logica dell’attentato di piazza San Pietro del 13 maggio 1981 sia le successive tragiche conseguenze, da leggersi nel quadro storico-politico e non come fatti isolati di cronaca nera, magari provocati da deviazioni private, che a mio avviso rappresentano altrettanti depistaggi. Se le scomparse di Emanuela e Mirella fossero figlie di abusi sessuali di alti prelati sarebbe emerso da tempo, come avvenuto per tante altre vicende scabrose. La Chiesa ha ormai fatto i conti con i vizi al suo interno, mentre al contrario i giochi del potere e le tensioni internazionali prodotte dall’attentato a Sua Santità sono tuttora nell’ombra, quarant’anni dopo. Il nodo è questo, e non di poco conto. La reazione che quindi mi auguro di indurre nei miei lettori è di stima verso l’autore che, mettendosi in gioco, persegue l’obiettivo di regalare verità e giustizia alle vittime, e maggiore coesione a una società civile costretta a convivere con troppe ombre del suo passato.
Che progetti editoriali ha in cantiere?
Ho già in mente un progetto importante. Non posso anticiparlo, però vi consegno una piccola esclusiva: il mio prossimo libro racconterà una storia di grande mistero e seduzione, legata a una bellissima donna, il cui nome è presente ne “Il crimine del secolo”. Un libro che per me rappresenta la sintesi di 10 anni di passione e impegno, oltre che un punto di svolta sui casi trattati.
© Riproduzione riservata
Lascia un commento