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Di Cristina Casella
Il legame madre-figlio, spesso, può deteriorarsi nel peggiore dei modi. E la donna ne è la fautrice silente. Si fa molta fatica ad accostare qualsiasi forma di violenza all’immagine femminile, se non quella di cui esse sono bersaglio.
Le statistiche, però, mostrano un lato sconcertante quanto effettivo, sottaciuto nella maggior parte dei casi: l’abuso intrafamiliare di matrice muliebre.
La pedofilia femminile che si attua tra le mura domestiche può agire indisturbata per molti anni, in quanto non ha bisogno di conquistare la fiducia ed il silenzio del bambino. La dualità della relazione innesca una risonanza intima: la madre, spinta dal desiderio di soddisfazione sessuale, realizza il proprio potere; il bambino – invece – realizza il bisogno di cura e gratificazione.
Enorme è la confusione di ruolo che si produce fra madre e figlio/a: se il bambino ottiene atteggiamenti sessuali come unica risposta alle sue richieste emotive, allora può convincersi che tutto questo era ciò che stava realmente cercando. Il bisogno d’integrità della figura dell’adulto-abusante, la madre, caregiver per eccellenza, porta il bambino a giustificare tutti i suoi comportamenti.
Chi ha vissuto una storia di abuso di questo tipo viene scaraventato in una condizione di perenne isolamento, combattendo da sé gli spettri del ricordo. I disagi psichici e le somatizzazioni si riversano sullo stato di salute, provocando rallentamento psicomotorio e povertà ideativa. Il bambino traumatizzato, oltretutto, perde la capacità di protestare, rifugiandosi nella regressione e nella negazione della realtà, costruendo vie di fuga attraverso l’evasione fantastica.
Più precoce è l’esperienza di abuso, maggiore è il danno che può derivarne. Tale vissuto, infatti, viene assimilato come unica esperienza relazionale possibile tra un adulto e un bambino. Le conseguenze non conducono necessariamente ad una qualche forma di patologia o alterazione della personalità, ma possono manifestarsi anche come intaccamento delle funzioni dell’Io (affettività, intelligenza, volontà). Per poter far riferimento ad un danno psicologico è necessario che le conseguenze si stabilizzino a lungo termine, consentendo – in tal modo – l’individuazione di uno stato di disagio permanente (Pajardi, 1995). Il disturbo a lungo termine varia in base ad una serie di fattori come la frequenza dell’abuso, le caratteristiche psicologiche del bambino, la capacità cognitiva, etc.
Tra i disturbi più rilevanti emergono i sensi di colpa, la ripetizione della violenza in sogno e i comportamenti aggressivi. Possono verificarsi anche casi di disordini legati alla sfera dell’alimentazione. Per quanto concerne la sfera della sessualità c’è da dire che le donne abusate in età infantile vivono situazioni in cui il desiderio sessuale è inibito o, paradossalmente, tendono alla promiscuità e alla prostituzione. In relazione ai comportamenti sessuali adottati da uomini abusati in età pre-puberale, invece, si evidenziano distorsioni di vario tipo: dalla pedofilia omosessuale agli atteggiamenti sessuali inadeguati. La sessualizzazione di ogni rapporto, inoltre, è il risultato della percezione del proprio corpo, inteso come strumento essenziale per entrare in contatto con l’Altro.
Gli agiti sessuali consumati ad opera di figure d’accudimento primario ostacolano fortemente lo sviluppo del Sé. Non risulta facile per un bambino distinguere e trovare una spiegazione logica a tali atti. Una madre seduttiva, che persuade eroticamente suo figlio, lo stravolge, turbandolo in modo inverosimile. La vittima si sente invasa proprio da colei che più di tutti avrebbe dovuto dispensarle amore e protezione. Nonostante tutto, sacrificherà sé stessa pur di mantenere un’immagine idealizzata della madre. Questo si verificherà anche in età adulta: la piena consapevolezza dell’accaduto porterà la vittima a scegliere nuovamente la strada del silenzio, per non tradire il genitore abusante e per non rendersi protagonista e responsabile del disfacimento della propria famiglia.
Le reazioni derivanti da un abuso sessuale femminile sono molto forti: il timore della solitudine e quello dell’esposizione alle maldicenze portano le vittime ad essere esenti da qualsiasi forma d’aiuto, in quanto le violazioni vengono taciute. Soltanto la disperazione, nei casi più estremi, può portarle a dichiarare di aver subito violenza da uomini.
Quando sono le figlie ad essere abusate dalle madri, potrebbero manifestarsi due tipi di conseguenze:
- La prima fa riferimento allo sviluppo dell’identità della figlia, la quale vive imprigionata in una situazione confusionale: da un lato sente di dover prendere le distanze dalla madre, mentre dall’altro nutre il bisogno della sua presenza per definire la propria identità.
- La seconda è relativa al timore in merito alla capacità genitoriale: le vittime sostengono di non essere in grado di far le madri, in quanto non ne hanno cognizione. Temono, infatti, di diventare a loro volta abusanti. Quanto più la vittima si accosterà alla figura della madre, tanto più difficile le risulterà discernere la propria identità da quella materna.
Le vittime d’incesto madre-figlia provano un senso di forte vergogna nei confronti del proprio corpo, in quanto quest’ultimo rappresenta il riflesso della loro abusante. Non accettano di guardarsi nude allo specchio, rifiutando la propria femminilità ed alimentando l’indecisione in merito al proprio orientamento sessuale. La maggior parte di esse vive con profondo disagio la sessualità, mostrando enormi difficoltà anche solo ad entrare in contatto con i propri genitali. Queste vittime devono riacquistare il dominio del proprio corpo, tracciandone i confini fisici ed emotivi, pena la compromissione della loro femminilità e la mancata possibilità di vivere l’esperienza della maternità.
In merito al maschio vittima d’abuso sessuale si sottolinea il carattere di umiliazione al quale spesso viene sottoposto dalla madre: prima di consumare l’atto le abusanti possono obbligare il bambino a travestirsi, facendogli indossare abiti femminili e ridicolizzandolo con tono scherzoso. In tal modo si scoraggia l’identificazione del bambino con la figura maschile, prolungandone i tempi. L’adozione di comportamenti simili può risultare molto dannosa, in quanto le vittime diventeranno adulti bisognosi d’autostima, soprattutto nelle relazioni con il sesso femminile.
COMPLIMENTI PER COME E’ STATO ESPOSTO IL PROBLEMA , POICHE’ HO CONOSCENZA DI UN AMICO E DI ALTRI FATTI , DI ABUSO DALLA MADRE DA GRANDE , CHE OLTRE AD IDENTIFICARLA COME PROSTITUTA E’ RIMASTO SCONVOLTO , PRIMA NON ANDAVA PIU’ CON NESSUNA RAGAZZA , POI SOLO CON LA MADRE , POI IN CASA DI CURA , ANCORA LA MADRE E CREDO HA FINITO I SUOI GIORNI QUASI PAZZO E CON NECESSITA’ COSTANTE DI MEDICI . CONSIDERO QUESTI FATTI ANCHE COME PREDISPOSIZIONE DEL SOGGETTO , PERCHE’ GENITORI CHE FANNO IL BAGNO AL / LA FIGLIA , INTRATTENENDOSI SULLE PARTI SESSUALI , RENDONO IN GENERE IL FANCIULLO /A COMPLICI MA A VOLTE IL CARATTERE ALLONTANA LE PERSONE PER ATTITUDINE AUTONOMA ALLE COSE .