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Delitto di Pordenone, inquirenti vicini alla svolta

1 Ottobre 2015 da admin Lascia un commento

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Di Cristina Casella

Una vera e propria esecuzione, in perfetto stile gangster. È così che sono stati uccisi Trifone Ragone e Teresa Costanza, giovane coppia di fidanzati.

Ore 19:50 del 17 marzo 2015

“Chiamate un’ambulanza, ci sono due feriti all’interno di una macchina, non si muovono”.

Queste le parole concitate di un passante che, immediatamente, fanno scattare l’allarme. Siamo a pochi metri dal palazzetto dello sport di Pordenone, esattamente nell’area parcheggio. Trifone e Teresa sono frequentatori abituali della palestra. Quella sera la ragazza è andata a prendere il compagno, lei non si è allenata. Stanno per rientrare a casa quando qualcuno li fredda all’interno della loro utilitaria bianca. La scena che si presenta dinanzi gli occhi dei primi soccorritori è devastante: vetri infranti sull’asfalto, finestrini in frantumi. Dal buio rischiarato dalla luce di una fotoelettrica dei vigili del fuoco, si scorgono due persone, sanguinanti ed immobili. Un uomo, Trifone, supino sul sedile passeggero. Teresa, al posto guida, accasciata con la testa sul finestrino. Non ci vorrà molto a capire che ormai non c’è più nulla da fare per i due giovani. A causare il decesso, probabilmente, dei colpi d’arma da fuoco. Ipotesi, questa, convalidata a seguito del ritrovamento di alcuni bossoli accanto alla vettura.

Chi ha ucciso la coppia di fidanzati? E, soprattutto, qual è il movente?

Gli inquirenti passano al setaccio la vita delle vittime, interrogando amici e colleghi già nelle ore successive al delitto. Nessun dissapore tra i due, entrambi appassionati di arti marziali. Sino a notte fonda vengono scandagliati parcheggio e Palasport alla ricerca di qualche indizio. Nessun testimone all’interno della struttura sportiva ha udito spari o richieste di aiuto in quel preciso frangente temporale.

Un ragazzo semplice, Trifone. È così che lo descrive la madre. Sottoufficiale dell’Esercito Italiano, innamoratissimo della fidanzata e con un gran senso della famiglia. Lo stesso per quanto concerne Teresa: laureata in marketing alla Bocconi di Milano, attualmente assicuratrice. Ogni tanto, per arrotondare lo stipendio, balla come cubista nei locali notturni. Nulla di male. Anche Trifone cerca di racimolare qualche soldo facendo l’accompagnatore. Inizialmente è proprio in questi ambienti che viene ricercato il movente omicidiario. Una proposta o un’avance rifiutata, magari una pista passionale. Niente di fatto.

Il giallo si infittisce

Non è facile dare un volto all’assassino. Senza dubbio ci si trova di fronte ad un killer spietato, profilo – questo – totalmente contrastante con l’apparente normalità delle vittime. Una sproporzione emblematica, tale da non giustificare l’efferatezza dell’esecuzione. Da subito, però, il sospetto è che ad uccidere sia stato un professionista, così freddo e preciso da non lasciare alcuna traccia di sé. Cinque i colpi andati a segno: tre hanno raggiunto Trifone – bersaglio principale – due la compagna. A sparare una calibro 7.65 di uso civile e non militare. Ed è proprio attorno all’arma del delitto che si focalizzeranno le indagini.

A sei mesi esatti dal terribile agguato, il 18 settembre, viene rinvenuto il caricatore della pistola adagiato sul fondo del laghetto di San Valentino, non lontano dal luogo della tragedia. La comparazione tra l’arma e i bossoli trovati sulla scena del crimine dà esito positivo.

Il caricatore ripescato apparterrebbe a una Beretta realizzata durante il primo ventennio del novecento. Un vecchio arnese, dunque, indicato da molti con l’appellativo di “pistola del nonno”.

La vicenda subisce un’inevitabile svolta, portando all’iscrizione nel registro degli indagati di un militare 26enne, Giosuè Ruotolo, ex coinquilino di Trifone. Se, inizialmente, associare l’arma al giovane rappresenta cosa non facile, tutto cambia quando nell’appartamento di famiglia verrà scoperto un vero e proprio arsenale. Un dettaglio importante, poiché le armi ritrovate – appartenenti al nonno di Ruotolo – sarebbero anch’esse di vecchia data.

Il militare si dichiara estraneo al delitto, ma non ha un alibi per la sera del 17 marzo. Sulla sua auto, sequestrata ai fini investigativi, sono state evidenziate tracce biologiche, la cui natura non tarderà ad arrivare. Tutte ipotesi. Per il momento.

© Riproduzione riservata

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