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I mostri uccidono i bambini perché non possono soffrire il bambino che è in loro”
(Francesco Bruno)
Più indegno di un mostro che uccide un bambino c’è solo un padre che uccide i suoi figli. In questo caso il male ha il nome di Tullio Brigida.
Nato a Civitavecchia nel 1956, operaio edile saltuario, nel 1983 conosce Stefania Adami, studentessa di liceo e iniziano un rapporto caratterizzato da litigi e violenza, tanto da infliggerle 13 coltellate quando è incinta della loro prima figlia. La donna per fortuna riesce a cavarsela mentre Brigida viene condannato a 4 anni e 10 mesi di carcere.
Mentre sconta la pena chiede a Stefania di sposarlo, lei accetta e vengono celebrate le nozze in carcere.
Una volta pagato il suo debito con la giustizia, i due iniziano a vivere insieme passano gli anni, i figli sono diventati 3 ma la situazione non cambia: liti e violenza sono all’ordine del giorno. Stefania, ormai satura, torna a vivere dai suoi genitori a Isola Sacra.
Siamo nel dicembre 1993, Brigida si reca dai suoceri e preleva i figli Laura, Armandino e Luciana che hanno rispettivamente 13, 8 e 3 anni per portarli nella villetta che ha preso in affitto a Santa Marinella per trascorrere con loro le festività natalizie. L’uomo continua a minacciare telefonicamente la moglie, dicendole che non rivedrà più i suoi figli: non accetta, infatti, che Stefania lo abbia lasciato e non abbia alcuna intenzione di tornare insieme a lui.
Il 2 gennaio 1994 l’ultima telefonata ai bambini che sono ospiti dei nonni paterni ad Acilia, poi una serie di eventi che saranno ampiamente discussi in fase processuale. La notte tra il 4 e il 5 gennaio Brigida resta vittima di un incidente stradale a Santa Marinella e si reca all’ospedale di Civitavecchia per farsi visitare; il 9 gennaio si fa medicare al San Camillo di Roma per una ferita d’arma da fuoco; il 18 gennaio, giorno in cui avrebbe dovuto consegnare i figli a Stefania, non si presenta all’appuntamento al quale, al posto della donna, si presentano i carabinieri. Il 23 febbraio l’uomo mette una bomba rudimentale in casa dei suoceri, per un pelo viene evitata una strage.
Intanto il Tribunale dei Minori ha affidato i figli alla madre e i bambini non si trovano. Stefania è preoccupatissima: sia Laura, affetta da epilessia, che Armandino, affetto da asma bronchiale, hanno bisogno di cure mediche. Vengono lanciati appelli in tutta Italia e allertate le forze dell’ordine.
Il 23 marzo 1994 Brigida viene arrestato. Interrogato in carcere, inizia a dare una serie di versioni diverse, una delle quali coinvolgerebbe una donna mai identificata e probabilmente inventata, tale Rosaria Greco, che avrebbe portato i bambini in Australia, ma le ricerche effettuate lì non portano a niente.
Nel luglio 1994 Vincenzo Bilotta, amico di Brigida, durante la trasmissione televisiva Chi l’ha visto? dichiara che l’uomo avrebbe ucciso i figli e sepolti in un luogo segreto.
Tullio Brigida Stefania Adami
Tullio Brigida dal carcere continua a dare versioni diverse finché non confessa: i bambini sono morti e sono sepolti a Cerveteri in via del Cerqueto. Il 20 aprile 1995 i corpi vengono recuperati, l’uomo assiste impassibile, fumando di continuo. Anche Stefania è lì, impietrita dal dolore fino all’urlo disperato che ancora oggi riecheggia nei ricordi di chi c’era.
L’assassino fornisce l’ennesima versione falsa: la notte tra il 4 e il 5 gennaio di ritorno dal pronto soccorso avrebbe trovato i bambini, affidati a Rosaria Greco, morti per le esalazioni della stufa e lei sarebbe poi scomparsa. In preda al panico avrebbe poi sepolto i corpi. Le analisi effettuate sulla struttura della casa, sulla stufa, rivelatasi poi perfettamente funzionante e non producente gas letali e l’autopsia dicono altro: i bambini sarebbero morti per asfissia da monossido di carbonio.
Durante il processo, celebrato nell’aula-bunker di Rebibbia, testimoniano 2 vigilantes che la notte tra il 4 e il 5 gennaio notarono che la rete di recinzione di una villa adiacente al luogo del ritrovamento era tagliata, che a terra c’era una grossa macchia di sangue e accanto una scarpa da bambina uguale all’unica trovata ancora al piede della piccola Luciana. La notte tra il 4 e il 5 gennaio (la stessa in cui avrebbe avuto l’incidente), dopo aver somministrato dei sonniferi ai figli, li avrebbe chiusi in auto e collegato il tubo di scarico all’abitacolo causando la morte dei piccoli per asfissia.
Il 18 giugno 1996 la Corte condanna Brigida all’ergastolo, all’isolamento diurno per 3 anni e all’interdizione legale e perpetua dai pubblici uffici. Senza alcuna attenuante, né infermità mentale. Oggi l’uomo è ancora in carcere. Il movente sarebbe stato la vendetta nei confronti di Stefania Adami: provocarle un dolore inimmaginabile e ovviamente nessun dolore avrebbe potuto eguagliare la morte dei suoi figli.
Di questa storia, purtroppo, restano solo poche certezze: uno scopo mostruoso raggiunto, il dolore senza fine di una madre e la forzatura all’ordine naturale della vita: i padri danno la vita e non la tolgono e sono i figli a seppellire i padri e non il contrario.
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